Regia di Roland Joffé vedi scheda film
Le urla sono quelle "mute",non fanno rumore,ma hanno un eco piu' profondo,lancinante,profuso di dolore. Mai titolo italiano è stato cosi' appropriato per un film straniero.
"Le urla del silenzio" riavvolgono i nastri della storia,ci portano in una terra "concimata" di ossa,orrori e dolori.
E' come ritornare nell'immensita' d'un male "umano" incancellabile,incontrollabile,creato "ad hoc" da una schiera d'intellettuali che volevano "cambiare l'uomo".
Creare "l'uomo nuovo",cancellando tracce di splendori e memorie antiche.La Cambogia era una "perla" d'Asia,memore di sacri millenni protratti dalla dinastia Khmer.
Vi è ' un complesso di rovine a Phnom Penh,il tempio di Angkor wat,al suo interno migliai di affreschi Khmer.
Splendidi e trionfali,respirano l'aura di cultura millennaria.
Alcuni affreschi sono profetici,recano immagini di morte e distruzione,e sopratutto una frase: "La vita è come una fiamma al vento....".
Una profezia affrescata,di terribile intensita' se si pensa a quello che avvenne dopo.
Il regista inglese Roland Joffè,ci trasporta in quel "dopo",nei luoghi di morte e annientamento della Cambogia dei "Khmer rossi" e del loro spietato leader:Saloth Sar,al secolo Pol Pot.
Il mostrare un dramma lacerante e restituircelo all'interno di una vicenda reale,è l'enorme pregio del film.
Una regia sicura di sè,improntata sul realismo enorme,affidata all'enorme performance del dr.Hain S. Ngor,che intepreta Dith Pran.
Dith Pran era l'interprete del giornalista americano Sidney Schanberg,nonchè amico dello stesso,e sopravvissuto all'orrore dei campi della morte di Pol Pot.
Tutto sembra essere sorretto dalle spalle d'un piccolo grande uomo,il dolore d'un popolo,e sopratutto la fragilita' d'un occidente al viso americano.
Gli attori Sam Waterston,John Malkovich,e Julian Sands restano all'interno del film quasi "comprimari",sono giornalisti e fotografi catapultati dal mestiere in una terra arsa di follia totalitaria e orrore allo stato puro.
Dith Pran è invece la memoria terrena di quel popolo,un intellettuale che "ricorda",conosce il profumo dell'umanita' addolorata,ma sopratutto porta con se il fardello d'una terra dissanguata della sua identita'.
Emblematico e straordinario è il passaggio nei "campi di lavoro",senza estremizzare gli ambienti,e non cadendo in dolorose retoriche Joffè ci guida attraverso gli occhi e l'intelligenza emotiva di un "piccolo" asiatico dal cuore grande.
L'attore Hain S. Ngor aveva davvero vissuto sulla pelle l'orrore della rivoluzione "Polpottiana",pagandone il prezzo con la morte della moglie.Egli stesso dovette fingersi contadino e non medico,scampando cosi' ad una terribile condanna.
La moglie e il bimbo di Hain morirono di parto,non potendo subire da parte dello stesso un "parto cesareo" che avrebbe salvato la vita di entrambi.
Un orrore indicibile che Hain portava nell'animo,trasferendone l'aura dolorosa all'interno del film.
"Urla del silenzio" è contraddistinto cosi' da una spiccata emozionalita',evincente nell'amicizia sincera tra Dith e Sidney,e sopratutto nella materia d'impegno umano e civile di cui è percorso.
Al di fuori d'una scrittura solida e convincente,d'una regia ordinata che pecca di piccole forzature,la potenza del film è nel coinvolgimento emotivo e intellettuale di cui è pregno.
A differenza dei film americani sul Vietnam,retorici,belligeranti e anche compiaciuti,"Urla del silenzio" ci parla di guerra vissuta "col cuore" e il coraggio.
Come quello di Pranh e della sua forza di vivere e del peso mortifero di cui è investito un intero paese.
Joffè assolve il difficile compito di consegnarci un opera dolorosa,eppur importante nei messaggi,evitando didascalismi e toni accademici,affidandosi grazie all'immenso Hain S. Ngor alla forza della "verita'",quella scritta nel cuore e nell'animo che sopravvive ad ogni sorta di orrore.
Pol Pot morira' tranquillo nel suo letto nel 1998,senza essere processato o condannato,una vergogna clamorosa per la quale i morti dell'olocausto cambogiano continueranno per sempre ad "Urlare in silenzio"........
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