Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film
Da qualche parte stroncato (v. Mereghetti), da altre parti innalzato (il film ricevette il Leone d'oro a Venezia nel 1991), Urga non ha, secondo me, né i crismi del capolavoro né quelli della ciofeca. E tanto meno può essere definito come il film che ha definitivamente minato la credibilità artistica di Michalkov, regista talvolta sopravvalutato, ma da non buttare via insieme all'acqua sporca.
Urga è un film simpatico e furbo, dai sapori esotici, che sfrutta le sterminate steppe della Mongolia come scenario e la misteriosa civiltà degli eredi di Gengis Khan come tema. Il famoso condottiero peraltro compare in una sequenza onirica, quando si tratta di rimproverare il protagonista delle sue eccessive tentazioni moderniste: «cos'è quella merda di ferro? dove hai messo il cavallo?» domanda a Gombo, reo di avere barattato il cavallo con una bicicletta. In realtà, il giovane, già padre di tre bambini, di cui uno appena nato, era andato in città («l'hai conquistata?» gli domanda in tono inquisitorio Gengis Khan) per comprare dei preservativi e non ci era riuscito per l'imbarazzo di trovarsi davanti tre giovani commesse. E pazienza se la natura continuerà a fare il proprio corso e un'altra creatura verrà alla luce, anche in barba alla legge degli uomini. E pazienza anche se la morale della favola fa la felicità del Movimento per la vita: non credo proprio che Michalkov conoscesse l'onorevole Carlo Casini.
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