Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
Un film sulle distanze, di qualsiasi genere. La distanza dalla propria terra natìa, sommersa dalla violenza e da centinaia di cadaveri. La distanza fra le persone, che non si curano ingenuamente della sensibilità altrui, sebbene per il nobile scopo della sopravvivenza. La distanza fra il palazzo in cui Dheepan va a vivere con la famiglia fittizia e il palazzo antistante, uno spazio che verrà diviso da una linea bianca che lo delimiti. La distanza linguistica, che fa sembrare limitato chi non capisce, e lontano, ma in realtà dietro a quell'altro linguaggio ci sono pensieri e sensazioni complesse e stratificate come le tue. La distanza fra le cose, neanche poi troppa all'interno delle case di una periferia francese qualunque: stanze strette, vani angusti, specchi rettangolari spezzati che sembrano non duplicare l'ambiente, ma frammentarlo ulteriormente. L'apparente distanza della regia, che si destreggia fra le azioni quotidiane e sempre più "acclimatate" di una famiglia improvvisata, che a poco a poco sembra scoprire la possibilità di una nuova vita. La distanza spesso fisica della macchina da presa, che se da un lato accresce la tensione tramite dei dettagli e dei piccoli gesti, di fatto poi è inaspettatamente lontana dai suoi protagonisti, che sono magari controluce dietro il vetro di una finestra. La distanza fra il dentro e il fuori, che viene via via assottigliandosi finché la violenza di un passato prossimo bruciante non irrompe tra le fragili cave mura domestiche. La distanza fra lo spettatore e la materia filmata, anche questa sempre più piccola, infinitesima, così come la finestra di casa di Dheepan, che con lo spettacolo esterno che propone dà l'idea di stare al cinema. La distanza dei corpi, che in Dheepan o si dileguano nell'oscurità o ne vengono fuori, o cercano di combattere strati impenetrabili di ostacoli e impedimenti (vegetazione, oscurità, nebbia), e mai che questo coincida con un'ovvia, scontata, ricerca linguistica. La distanza dalle certezze spettatoriali.
Dheepan di Jacques Audiard, Palma d'Oro al Festival di Cannes 2015, è un capolavoro di regia, di interpretazioni, di atmosfere, di tensioni mal sopite, di toni sempre diversi, di situazioni sempre più implose. Un percorso libero che può portare solo in una direzione, all'identificazione con il personaggio, e a una totale immersione nel suo mondo. Il prefinale, eccezionale, segna un'implosione violenta che rompe istantaneamente con il realismo. La stessa cinepresa, che per tutto il film accenna soltanto sequenze oniriche pregnanti e imponenti, travasa tutto il contenuto dell'interiorità di Dheepan nell'azione violenta e selvaggia dell'esterno, quando si raggiunge la terribile catarsi e il protagonista può cambiare l'oggetto del suo sogno. Quasi un'appendice di Abluka di Emin Alper, o un'alternativa apparentemente più speranzosa del cupio dissolvi scorsesiano in Taxi Driver. Fino a quei titoli di coda che isolano definitivamente, nello spazio lasciato dalle lettere del nome DHEEPAN, il vero gesto, quello che alla fine conta più di tutto.
Dheepan - Una nuova vita (2015): locandina
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Dopo il tuo solito interessante giudizio....concludo che Audiard e' attualmente un regista da non perdere.
Credo mi manchi solo un film di Audiard, per giunta inedito in Italia, e posso dire che per me ha raggiunto risultati davvero importanti, lavorando con i generi e con gli esseri umani dei suoi film. C'è spesso una congiunzione di emozione e sensazione, nei suoi film (non saprei spiegarla diversamente), che mi lascia sempre esterrefatto. Grazie del passaggio
grande rece, 8,5, come di consueto...come avrei voluto vedere anch'io lo stesso film che hai visto te! :-) purtroppo invece questo film mi ha sorpreso in negativo...non mi aspettavo un capolavoro, ma almeno un'opera vibrante e poetica come le precedenti (anche se imperfette) di Audiard, e invece mi sono ritrovato di fronte ad un accumulo di idee confuse e sprecate...Bello e sensato il discorso che fai sulle distanze, ma io mi chiedo: perchè il regista non è stato in grado di lavorare meglio sulla resa spaziale di tali distanze? Lo spunto della finestra, da cui vedere la violenza esterna, poteva essere utilizzato meglio. In generale, manca in questo film la capacità di governare lo spazio scenico, di scandagliarlo, di delinearne coordinate di sguardo e linee di forza (come sapeva fare, ad esempio, un Losey)...Manca proprio di forza figurativa questo film...Riconosco ad Audiard una certa rozza efficacia nel rappresentare lo spaesamento iniziale di Dheepan, che si guarda attorno nella banlieu, e scorge individui loschi in cima ai palazzi circostanti, ma non si va oltre la rappresentazione scontata delle difficoltà di integrazione sociale...Quanto a pre-finale e finale...per me sono osceni, ma non per le sequenze in sè (SPOILER!!! oddio, il finale è proprio brutto nel suo utopismo familista forzatissimo, mentre il pre-finale è girato con una buona verve visionaria e con l'azzeccata idea di non inquadrare le molteplici vittime degli spari)...il problema è ciò che precede queste ultime sequenze...è come ci si arriva...è un esito che viene "preparato male" a causa di un impianto narrativo, psicologico, ideologico zoppicante, risultando quindi del tutto fuori registro...un saluto!
Mio Dio, Ed, cosa mi dici mai! No, scherzo, cercherò di risponderti come meglio posso: le idee non sono confuse e sprecate, sono disorientanti ma, ti assicuro, convergenti su un'unica linea. E' un film che conquista con nulla, con ambientazioni, con configurazioni spaziali inedite, che, piuttosto che governare lo spazio scenico, o scandagliarlo, decidono di abbandonarlo al disorientamento dei personaggi. Tutto il film accenna alla possibilità di incanalare il punto di vista dei personaggi (guarda alle sequenze oniriche dell'elefante, momenti da brivido; guarda alla costante delle immagini nascoste, filtrate, oscure e oscuranti), e di fatto salta da un personaggio all'altro, prima la bambina, poi la donna, e infine soprattutto Dheepan. Il film rappresenta la tensione stessa fra 'realismo' e 'soggettivismo', se così possiamo dire, fino all'esplosione finale. Le linee di forza non ci sono, nella regia, perché è il mondo confuso, frastagliato, frammentato, anti-ideale, che vedono i nostri protagonisti. Le coordinate di sguardo non ci avrebbero fatti sentire più al sicuro, come di fatto non deve essere?
La forza figurativa c'è eccome, le strade intraprese da Audiard non sono mai quelle che ti aspetti: prima sembra voglia vittimizzare i protagonisti, ma non è così (i personaggi sono di una profondità e di una bellezza che prescinde l'approccio psicologico ed è più attentamente umorale); poi pensi voglia fare il discorsetto su come essi stessi siano scappati da una guerra e ne abbiano trovata un'altra, e anche questo non è affatto il centro del film; alla fine ti rendi conto che Audiard ha dato un quadro contraddittorio superbo delle intenzioni di Dheepan, prima con la linea della No War Zone, poi con l'esplosione epico-tragica finale, per dire del desiderio umano ciò che è più difficile e coraggioso, cioè che il cambiamento, o la purificazione, possono passare solo tramite la follia che estremizza e combatte i ricordi. Utopismo nel finale? Ma secondo te non era un sogno di Dheepan? E se anche non lo fosse stato, lo scopo non era lasciare sorridente e felice lo spettatore. Lo scopo era far notare che il desiderio di normalità arriverà al conformismo più rassicurante (questo vogliono i personaggi: non la libertà, o chissà quale ideale, solo appartenere a una supposta normalità) solo quando si saranno rotti e sconfitti i fantasmi del proprio passato, e questo può voler dire mettere in gioco tutto.
Un saluto!
---(questo vogliono i personaggi: non la libertà, o chissà quale ideale, solo appartenere a una supposta normalità)---
ecco, questa cosa che hai scritto, verissima, che sottoscrivo al 110%, è proprio ciò che ha fatto arrabbiare i Cahiers, che considerano Audiard un reazionario :-) in effetti, si ha l'impressione che la forma mentis degli eroi audiardiani non sia rivolta a sabotare il Sistema, ma a sfruttare i margini che esso concede per la propria auto-realizzazione, adattandovisi....Ragion per cui credo sia lecito vedere un approccio individualista, quindi "di destra" nel cinema di Audiard...Ma non per questo assolvo i Cahiers per la loro polemica, poichè non hanno centrato il problema di questo film, che non è certo quello di "non essere di sinistra", quanto quello di non trovare una forma efficace per esprimere questa prospettiva ideologica...
Tutta questa mega-premessa per arrivare a dire che il finale, che verosimilmente è un sogno (anche dal punto di vista legale!!! :-D), comunque lo si interpreti, mi ha profondamente irritato per il modo trito con cui rappresenta una idea di riscatto sociale (indipendentemente dal fatto che tale idea sia condivisa o meno dall'autore): in sintesi, è sempre un problema di forma, di linguaggio, di immagine...
Un caro saluto!
il tuo giudizio è assolutamente positivo, quello di @ed wood assolutamente negativo. Ho visto gli altri film del regista francese e ho notato che pur calando le sue storie in realtà non proprio, anzi per nulla rosee, vi ho sempre trovato una forte carica intimista che mi ha fatto amare molto le sue opere. Non so come prendere questa virata sul 'sociale'. Voi fate anche e soprattutto un discorso estetico e in questo senso i suoi lavori precedenti li ho trovati notevoli, specie Sulle mie labbra e Tutti i battitti del mio cuore; comunque andrò a vederlo senz'altro. Chissà a chi darò ragione...........................
ciao :)
'Dheepan' è una virata sul sociale soltanto da un punto di vista superficiale, fortunatamente. Anzi, sembra proprio che Audiard si interroghi sulla natura del proprio film, mettendo in dubbio e in crisi qualsiasi tentativo di decodifica del film. Francamente, è più "intimistico" che sociale: ha personaggi stupendi tutto tranne che ovvi. E sembra confuso ideologicamente perché, semplicemente, non è manicheo. Dunque a essere in confusione è eventualmente lo spettatore, il film invece, nonostante questa onesta pluridirezionalità, è rigoroso, attento, potente. E il finale, assolutamente inaspettato, non riconcilia, ma è coraggiosissimo. Fammi sapere, ciao!
:)
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