Regia di Anne Fontaine vedi scheda film
Agnus Dei (chissà cosa c’entra con l’originario Gli innocenti) è un gran bel film. Qui potrei anche fermarmi, ma mi preme dire, a chi mi legge, che il mio giudizio potrebbe essere parziale; sconto una sorta di d’intrigante seduzione per tutte le storie di conventi (Ida, La religiosa, Il grande silenzio). Mi affascina il pensiero che si possa dedicare l’esistenza alla fede, a un dogma. Ciò detto tenterò un commento.
Il film si regge su una fotografia incantevole, non certo ardita come quella di Ida (con quei tagli d’inquadratura audacissimi): qui è più formale, ma comunque di grande impatto. La Champetier, che la dirige, non ha bisogno di presentazioni (Holy motors, Uomini di Dio). Le attrici sono bravissime; il volto di Suor Maria è un misto tra l’angelico e il risoluto, poi la solita (Ida) Kulesza, imponente in quel film, autoritaria e fondamentale perdente anche qui. Sulla protagonista avrei qualche riserva, come volto, non certo come bravura. Colonna sonora al top con canto gregoriano preponderante e la stupenda sovrapposizione monodica e melodica che possiamo ascoltare nella veglia della sorella suicida. Da brividi.
La storia è una storia di guerra. E’ la solita e spesso propagandistica storia dove quello che macroscopicamente resta delle gesta degli eserciti “liberatori” è il loro eroismo. Lo sciame di microscopiche ma diffuse nefandezze che si sono portati appresso diviene taciuto o secondario e, tendenzialmente, non riempie i libri di storia; perché la guerra è un vivaio di nefandezze: dei vinti e dei vincitori. La guerra è una delle dannazioni dell’umanità tutta, incapace di trovare gli strumenti alternativi per proporre delle idee o far valere i diritti di un popolo o di una minoranza se non attraverso l’istigazione all’odio troppo spesso mascherato da valori o ideali di facciata, ancora più spesso da meri interessi economici. Ma, in questo scenario immutabile, passato e presente, il dato di rilievo del film è lo scontro/incontro fra umanità diverse: la comunista e le spose di Dio e l’unico comun denominatore e collante che permette il dialogo tra universi così distanti è l’aiuto reciproco, il sostegno, la comprensione. Tra "persone", a prescindere dai credo e dagli stili di vita. Quello che ancor più rincuora è che si tratta di una storia vera e quindi non il frutto di uno sceneggiatore idealista. Due modi diversi e forse antitetici di credere nell’uomo e nel bene; il sacrificio dei laici, la penitenza e la rinunzia delle monache. Ad un certo punto suor Maria dice “Dietro ogni felicità c’è la croce” e questa è la vita di quasi tutti noi laici mortali; però mi vien da dire “Dietro la croce c’è la felicità o almeno la serenità” che sembrerebbe la grazia concessa a chi crede in modo autentico. Beati loro.
Una pellicola a mio parere riuscita in forma e contenuti anche se la tentata violenza alla dottoressa mi è sembrata una sbavatura evitabile come a sottolineare una inutile forzatura “al femminile”; l’incursione dei soldati russi in convento era sufficiente a trasmettere quel clima di terrore da “violenza annunciata”.
Nove. Perdonatemi forse una mezza stella in più per la mia debolezza esposta in premessa.
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