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Un uomo per tutte le stagioni

Regia di Fred Zinnemann vedi scheda film

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La recensione su Un uomo per tutte le stagioni

di Antisistema
7 stelle

Mi fà piacere che Fred Zinnemann abbia consenso critico da alcuni critici, anche se sono situati per lo più negli USA. Tutti sanno più o meno, se hanno letto altre mie recensioni, che ho una grande ammirazione per Zinnemann anche se alla fine solo Mezzogiorno di Fuoco (1959) e Storia di una Monaca (1959), sono due capolavori a mio avviso; il resto della sua produzione che ho visto per ora, li considero ottimi film. Un Uomo per tutte le Stagioni (1966), lo considero ottimo, anche se qualche critico come Maltin (molto in voga negli USA), gli dà addirittura ben 4 stelline, anche se il sottoscritto è contento, purtroppo non sono molto in sintonia con le sue valutazioni e quindi, vale per quel che vale. 

 

Vita e morte di Thomas Moore (Paul Scofield), filosofo, letterato, giurista e guardasigilli della Corona nell'Inghilterra del Cinquecento. Fedele alla Chiesa cattolica, More rifiuta di sostenere re Enrico VIII (Robert Shaw), che si ribella al papato per divorziare e sposare Anna Bolena (Vanessa Redgrave).

 

Fred Zinnemann con Un Uomo per Tutte le Stagioni arriva a creare la sua opera più sentita e sincera, dove la sua poetica autoriale, giunge allo zenit. Thomas Moore è la coscienza umana fattasi carne che non vuole rinunciare alla propria auto-affermazione come individuo e sopratutto come essere umano innanzi allo schifoso conformismo sociale imposto dal sistema e dalle connivenze del momento (in questo caso il re Enrico VIII).

In effetti quest'opera andrebbe fatta vedere a tutti coloro che gestiscono incarichi di potere, perché sicuramente il 99% di loro se avessero solo 1/1000 della rettitudine morale di quest'uomo, guardandosi allo specchio si sputerebbero in faccia poichè sono sicuramente corrotti dentro, pronti a svendere le proprie idee pur di appagare il proprio interesse particolare.

Thomas Moore (interpretato da un rigoroso Paul Scofield) è un uomo non onesto, ma giusto. Con il termine giusto, non sostengo affatto che le sue convizioni siano in automatico veritiere o esatte; perchè Moore è un uomo giusto per via del fatto che ogni gesto che egli compie, lo fà seguendo le propria insondabile coscienza.

La sua è una battaglia destinata ad essere affrontata in totale solitudine, ma su questo il regista è chiaro sin da subito tramite l'inquadratura dello stormo degli uccelli che volano in una direzione, per poi focalizzarsi successivamente su una povera anatra che pian piano sul fiume viaggia in direzione opposta. Moore è lontano dalle macchinazioni e dalla corruzione del potere, perché segue semplicemente le leggi degli uomini e quelle proprie della coscienza morale, che ogni essere umano in misura e gradazione maggiore o minore possiede. Uno statista che non segue la propria coscienza, è destinato a perdersi nei meandri del potere. Pura utopia forse, ma alla fine chi più di Thomas Moore può indicarci la strada da seguire in tutte le stagioni ed in ogni tempo e luogo?

E' una battaglia contro i mulini a vento in tutta probabilità, ma è interessante notare come il protagonista non voglia giudicare nessuno, né imporre ostinatamente la propria visione ad altri, e quando il potere vuole perseguire una strada che cozza contro la propria convinzione, egli decide di lasciare il proprio incarico.

Gli altri come pecore seguono nel fango (non solo fisico) un re imbecille che per i propri capricci in fatto di donne, porterà allo sfascio e in una dilaniante guerra di religione dopo la propria morte che solo con Elisabetta I troverà una propria conclusione.

 

La regia fredda in questo caso è giustificata, poichè quando Scofield è in scena, è sempre in relazione con un altro e noi spettatori vediamo tutto questo dal punto di vista dei suoi interlocutori che in quanto "pragmatici" ("tengo famiglia"... vale in tutti i tempi ed epoche), non potranno mai comprendere il perché del suo comportamento (ed in effetti neanche Moore fornisce una spiegazione univoca, un pò è la coscienza, un pò è la coerenza, un pò è l'orgoglio; fatto sta che egli segue semplicemente la sua natura) e preferiscono la massificazione sociale, perché ben si sà, che il genere umano non è minimamente all'altezza dei suoi uomini migliori.

Nel finale incredibilmente la freddezza viene meno e si è pienamente partecipi dell'ingiustizia di cui non siamo più meri spettatori, ma pienamente empatici verso il nostro protagonista. La regia Zinnemann la definì la più semplice di tutta la sua carriera, poichè ha puntato a valorizzare in pieno i meravigliosi dialoghi (anche se alcuni sono didascalici ed esposti come una lezione scolastica) colmi di profonda riflessione di filosofia politica. 

Grandi incassi al botteghino all'epoca per questo film che Zinnemann volle produrre di tasca propria, visto che nessuno voleva finanziargli l'opera. Arrivarono anche gli oscar per miglior film e miglior regia. Il critico Mereghetti gli dà le solite 2.5 stelline del cavolo, accusandolo di freddezza troppo eccessiva. 

 

Robert Shaw, Paul Scofield

Un uomo per tutte le stagioni (1966): Robert Shaw, Paul Scofield

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