Regia di Fred Zinnemann vedi scheda film
Affascinante figura di umanista, pensatore e scrittore, Thomas More ha anche avuto un ruolo di primo piano nella storia inglese, ma cadde in disgrazia quando rifiutò di patrocinare presso il papa la richiesta di divorzio o di annullamento del primo matrimonio del re Enrico VIII e poi di riconoscere quello successivo con Anna Bolena. Bolt ha scritto un dramma su tale vicenda e poi ne ha curato l’adattamento per il cinema. Film sontuoso che ha ricevuto molti oscar, ma spento. Chi non ha letto More o non ne conosce il pensiero può coglierne (pochi) aspetti interessanti nel dramma di Bolt e, se non conosce neppure questo, nel film omonimo, e restarne affascinato; ma questo non va a merito del film, che anzi annacqua il pensiero e l’atteggiamento di More limitandolo alla fedeltà giuridica alle norme canoniche, accolte in modo burocratico, e senza presentarle come tali.
Belle fotografie di esterni che chiaramente sono fine a se stesse senza legami con la vicenda, salvo a volte la giustificazione del titolo, l’indicazione del mutare delle stagioni (e delle ore del giorno). Scofield è un bravo attore teatrale e lo si vede, anche troppo: la recitazione al cinema è diversa, e lui appare troppo astratto, come estraneo al film; diverso sarebbe il distacco spirituale da interessi mondani, che peraltro non è neppure il caso di More, il cui dramma consiste nel mantenere fede a una convinzione morale anche a costo di perdere tutto ciò che gli è caro al mondo, fra cui gli affetti famigliari; invece il risultato mi pare freddamente teatrale. Grande, come sempre, Welles, che sa esprimere e giustificare con ben maggiore efficacia una posizione contraria a quella di More (si pensi a L’infernale Quinlan): solo per lui merita vedere la prima parte del film, fino alla sua uscita di scena.
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