Alla vigilia della prima guerra mondiale il piccolo Giacomino, detto Mino, si perde durante una gita in montagna. Creduti morti i genitori, viene 'adottato' da due fratelli contrabbandieri. All'arrivo del conflitto Mino parte con gli alpini, nel ruolo di mascotte: crescerà molto in fretta e riuscirà anche a sapere che i genitori sono ancora vivi.
Tratto dal romanzo di Salvator Gotta Il piccolo alpino, Mino (nome del protagonista del romanzo) è un film per la televisione (Rai) suddiviso in quattro puntate da circa un'ora e mezza ciascuna, per un totale di quasi sei ore. Toni melodrammatici e alto tasso patetico-tragico nella sceneggiatura firmata da Piero Schivazappa e dalla futura premiata ditta (Stefano) Rulli - (Sandro) Petraglia; una confezione adeguatamente curata supporta il tutto, con la regia di un modesto mestierante alle prime armi, Gianfranco Albano, che presto diventerà un habituè delle fiction catodiche. Il piccolo Guido Cella, al debutto, è Mino; di lui si perderanno poi le tracce, ma effettivamente in questo film se l'è cavata discretamente. Fra gli altri interpreti i nomi di maggior rilievo sono quelli di Ray Lovelock, Mario Adorf, Pierre Cosso, Ottavia Piccolo e, in parti minori, troviamo anche Simona Cavallari, Pino Quartullo e Maurizio Mattioli. Per quanto il forzato sentimentalismo a oltranza possa alla lunga disturbare e nei limiti delle possibilità espressive di un prodotto televisivo, Mino è comunque un'opera degna di nota, licenziata quantomeno con discreti mezzi e sufficiente perizia. 4,5/10.
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