Regia di S.F. Brownrigg vedi scheda film
Sgodevole prodotto che vorrebbe porsi su un piano diverso dall'intrattenimento, non riuscendo però a essere né carne né pesce. Oggi datato e superato per brutalità da pellicole molto più oltraggiose, resta comunque film celebre per un titolo italiano proibitivo, derivato dal successo di capisaldi tipo "Non aprite quella porta" (Tobe Hooper, 1974).
Charlotte, una giovane infermiera, raggiunge la clinica per malati mentali gestita dal dott. Stephens, dopo che questi è stato ucciso da un paziente. La sostituta del dottore, Geraldine Master, presenta subito forti dosi di antipatia nei confronti della nuova arrivata. Presto fenomeni inquietanti avvengono all'interno dell'istituto: una vecchia paziente viene ritrovata con la lingua mozzata, la linea telefonica è interrotta e l'infermiera precedente, che ha dato le dimissioni, viene uccisa da una paziente. Quando Charlotte si accorge che le porte sono state sigillate ed uscire dall'edificio diventa impossibile è ormai troppo tardi: una tragica verità si sta per fare strada, grazie alle rivelazioni di alcuni pazienti.
Una aperta critica al sistema medico, con messa a fuoco sui sistemi di correzione, troppo permessivi, di alcuni (all'epoca) istituti per disabili psichici. Il regista crea un clima disturbante, distorto, volutamente sgradevole: facilitato, in questo, da un tema sempre spaventoso che è dato dal limite, il confine, il perimetro tra follia e ragione. Non sempre di facile codifica e definizione. Gli attori se la cavano bene, il regista sa posizionare la macchina da presa e spesso offre silenti e perturbanti -nonché brevissimi- piani sequenza di corridoi e scalinate (quella che porta in cantina ci è svelata negli ultimi 5 minuti). Certo il prodotto non è di intrattenimento in senso stretto ma vuole, a suo modo, veicolare un significato e, per farlo, utilizza un sistema impopolare come quello del disgusto e dell'iperbole. Violentissimo per l'epoca (almeno nel delirante finale con linciaggio prolungato) oggi appare piuttosto datato e anche sgodevole da visionare. Ma questo non dovrebbe essere un difetto dato che le intenzioni del regista sembrerebbero essere state proprio queste. Film di nicchia dunque, consigliato agli amanti dell'horror ospedaliero degli anni '70 e '80, con particolare riferimento ai cultori di Pete Walker, un iconoclasta regista inglese che solo l'anno successivo (1974) realizza con Nero criminale un film dalle tematiche pressochè identiche a questo Non guardare in cantina. Disponibile in Dvd per la label Cult Media ma purtroppo il riversamento è paragonabile a quello di una discreta VHS, con formato video sballato (4:3), audio mediocre (meglio la traccia inglese con sottotitoli) e nessun extra.
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