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Steve Jobs

Regia di Danny Boyle vedi scheda film

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La recensione su Steve Jobs

di SredniVashtar
5 stelle

Come NON raccontarvi Steve Jobs e farci lo stesso un film sopra.

Questo film ha un taglio particolare: ci racconta Steve Jobs da un’angolazione esclusiva e insolita, quella dei momenti di 3 presentazioni di suoi modelli (1984, 1988, 1998). Ne conseguono tre ambientazioni molto simili se non identiche (teatri) all’interno delle quali le variazioni sono costituite dalle dinamiche relazionali tra Jobs e gli altri comprimari (l’ex-compagna, la “figlia”, Sculley, Wozniak, la Hoffman…). Nonostante ciò, la pellicola non ha le caratteristiche dell’inquadramento “teatrale” (scena quasi fissa, costanti primi piani dei personaggi…) perché non è la riduzione di una piece.

 

La domanda è: è il modo migliore, o perlomeno giustificato, di rendere un personaggio così discusso? A mio avviso no. Il taglio scelto da Boyle appartiene a un altro genere di riduzioni, che lasciano lo spettatore con un gran numero di curiosità insoddisfatte. Quel che al regista riesce meglio è comunicare la fragilità del personaggio principale, la quale fa da contraltare alla sua spavalderia pubblica, direi necessaria in un contesto di marketing di un mercato aggressivo e in costante evoluzione. Per il resto il film rimanda continuamente ad aspetti che piacerebbe vedere approfonditi, ma il cui richiamo qualche volta appare appiccicato alla bell’e meglio (Jobs che dice alla figlia: “Sostituirò quella tua scatola da scarpe (il walkman)” [con l’iPod]). Frasi velleitarie, buttate lì, in situazioni quasi certamente inventate, che vorrebbero darci il senso della “visionarietà”. Troppo poco, troppo facile.

 

Assistiamo così a dei frame nel tempo, rispetto ai quali Boyle ci chiede di riempire i gap (di dieci anni!) con informazioni già in nostro possesso in base ad altre biografie o articoli dei media. Questo ci fa capire come l’opera perlomeno non sia “autoesplicativa”, come invece si richiederebbe tradizionalmente a un film, e ci lasci invece il legittimo dubbio (certezza) di esserci persi per strada pezzi importanti della vicenda.

Nonostante i salti temporali e l’ingrigirsi della via via più rada capigliatura di Fassbender, in tutte e tre le circostanze che il film presenta troviamo un Jobs sostanzialmente identico a sé stesso, assorbito in un invariato copione recitato ad anni di distanza. C’è davvero da chiedersi se Jobs fosse solo questo, perché istintivamente verrebbe subito da rispondersi negativamente. Il vero problema è che i tre frame celano del tutto il processo creativo e decisionale di Mr Macintosh, che sarebbe la parte davvero interessante, per mostrarci solo il front end della presentazione al pubblico (peraltro, e questa volta giustamente, descritta solo nella fase di preparazione). La cosa personalmente mi dà la stessa emozione di tre conferenze-stampa comparate di Marchionne: poca.

 

In sintesi, alla fine mi sono chiesto: “e chi se ne frega?”. Non è una bella domanda, quando ti viene sui titoli di coda.

 

Fassbender /Jobs: star in ascesa che fa il suo compito. Winslet/Hoffman: irriconoscibile e quindi brava. Rogen/Wozniak: credibile. Daniels/Sculley: per me, il migliore del mazzo. Finalmente un film in cui la sua faccia da patata lessa sconfitta trova la giusta collocazione. Waterson/Brennan: insopportabile, quindi brava in quel che le si chiede (di apparire insopportabile). Boyle: scelte sbagliate.

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