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Steve Jobs

Regia di Danny Boyle vedi scheda film

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La recensione su Steve Jobs

di M Valdemar
8 stelle




locandina

Steve Jobs (2015): locandina



Dramma in tre movimenti. Ripetuti (in loop ipnotici), avvolgenti, insinuanti, animati dalle medesime polarizzanti dinamiche dialoghi-scontri-attesa, implacabili nel progressivo disvelare il prezioso, indecifrabile (s)oggetto di scena. Per estensione (e derivazione) - dai tecnicismi pre-rivoluzione digitale -, la presentazione di Steve Jobs. Uomo, sognatore, fanatico, un ego dalle dimensioni incalcolabili, un geniale immagazzinatore di (pre)visioni nell'era dei computer. Il tizio che - pur avendo conoscenze limitate e competenze vaghe - diventa il direttore d'orchestra che suona la seminale sinfonia della radicale metamorfosi tecnologica-informatica. Ma anche un complicato, colossale - banalmente terreno - meschino individuo: incapace di comprendere perché tutti attorno lo detestino, ancor più inetto nel (non) gestire il rapporto con la figlia Lisa, figura chiave della sperimentale rappresentazione teatral-cinematografica dell'Essere-Jobs. Un algoritmo odioso come scusa al tentativo di rinnegare la paternità, una balla per giustificare la "coincidenza" del nome con uno dei primi prodotti di casa Apple, una risposta aliena(ta) («perché sono fatto male») a una normale richiesta di spiegazioni, un disegno semplice fatto col MacPaint degli albori riveniente da remoti anfratti della mente analogica come simbolo di una residuale, insperata umanità. L'Essere non comprende altro che non sia nel suo esclusivo/escludente «campo di distorisone della realtà»: fuori, ed attorno, e sopra e sotto quella realtà, uno studio pirandelliano sull'identità. Vergato dal Verbo di Aaron Sorkin - ritmo della parola, linguaggio del corpo filmico, disciplina della creazione dialogica, ossessionante sonata dell'espressione del pensiero -, servito da servizievoli regia (Boyle ridotto a mero esecutore) e intepretazioni (gigantesco Fassbender, in mimesi "attiva" e non meccanica; perfetta Winslet, in contrappunto naturale, traduttrice dell'idioma jobsiano; superbo Jeff Daniels nell'incarnare il fantasma del rimpianto). Inesorabile il crescendo rossiniano dell'enfatica grammatica sorkiniana: il suo componimento in tre movimenti descrive e fissa in maniera esemplare una delle realtà attribuibili a una delle personalità più enigmatiche e complesse dell'epoca contemporanea.

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