Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
Nell’estate 1942, sul fronte russo, un cappellano militare italiano rimane isolato dal suo reparto per assistere un ferito e viene preso prigioniero. Film di propaganda bellica e melodramma devozionale: i due elementi presi in sé potrebbero risultare tollerabili, ma messi insieme formano un pastrocchio; ciò che ne risulta è una serie di scene di combattimento con l’aggiunta di insulsi siparietti edificanti (fra i quali spicca il racconto della compagna del commissario politico appena ucciso). Il bello è che, pur volendo magnificare l’irresistibile potenza di fuoco del nostro esercito, poi il film è costretto a mostrare la verità: carri armati su misura dei puffi, artiglierie in formato mignon. I russi a volte parlano russo, a volte italiano (di solito con accento settentrionale). Merita di essere riportata per intero, nella sua impudenza, l’agghiacciante didascalia finale: “Questo film è dedicato alla memoria dei cappellani militari caduti nella crociata contro i ‘senza Dio’ in difesa della patria e per recare la luce della verità e della giustizia anche nella terra del barbaro nemico”.
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