Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film
L’unico aspetto che riesce a farmi indispettire quando guardo un film è la non-comprensione dello stesso. In realtà ciò accade alla fine della visione dello stesso; nel momento esatto in cui compaiono i titoli di coda ed io mi rendo conto di avere molte più domande che risposte, un senso compiuto di vuoti si fa spazio dentro di me, accompagnato dalla rabbia implacabile generata dalla materiale impossibilità di ricevere le agognate risposte.
Elle di Paul Verhoeven rientra sicuramente nella suddetta categoria di film. Pur essendoci alla base della sceneggiatura un’opera letteraria, il romanzo Oh... di Philippe Djian, Verhoeven sembra destramente incapace di mostrarci qualcosa di concreto. Ci presenta sommariamente la protagonista Michèle, donna apparentemente algida, a capo di una casa di produzione di videogiochi, che conduce una vita di successo e alquanto appagante (tutto quello che si riesce a percepire è merito della performance di Isabelle Huppert che, per quanto non sembra capace di eccellere, resta l’unico elemento degno di nota della pellicola), e ci inoltra in un tunnel per lo più buio, in cui alberga la sua infanzia e le sue paure che, evidentemente, sono la causa della sua reazione, non-reazione, conseguente al violente stupro che subisce da uno sconosciuto.
Il dubbio è lecito in quanto, tutto ciò che vediamo finisce per essere talmente banale da rendere ogni gesto, ogni parola, del tutto irrazionale o quantomeno incomprensibile a chi guarda. Mi viene da pensare che probabilmente ogni scena contenga un fattore psicologico profondo che il regista sembra incapace di trasmettere. La stessa scelta di palesare un grave fatto avvenuto durante la sua infanzia di cui lei si sente protagonista insieme al padre che realmente lo è, centellinandolo durante la visione della pellicola, dimostra la difficoltà che Verhoeven ha nella costruzione psicologica della pellicola.
A causa di questa enorme lacuna, fondamentale per comprendere tutto ciò che vediamo, la pellicola risulta non solo di difficile comprensione ma anche non piacevole da guardare, non riuscendo lo spettatore mai ad entrare in sintonia con la protagonista che resta, per tutto il tempo, rinchiusa in un’esistenza misteriosa che ne elimina totalmente la necessaria quanto manchevole empatia.
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