Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film
Dopo quasi un anno dalla sua apparizione al Festival di Cannes, ove rischiò piuttosto seriamente di vincere la Palma d'Oro, e tanti riconoscimenti, tra premi vinti e candidature importanti ( Isabelle Huppert ha vinto il Golden Globe come miglior attrice drammatica, ed è stata, probabilmente, ad un soffio dallo strappare l'Oscar a Emma Stone), giunge finalmente da noi l'ultimo film dell'eretico da box-office Paul Verhoeven, cineasta quasi sempre controverso, in ogni sua opera. Dal romanzo "Oh..." di Philippe Dijan, che ha curato anche la sceneggiatura della pellicola, il racconto vede una manager di una casa produttrice di videogames aggredita in casa e stuprata da un uomo con il passamontagna: la donna decide di non denunciare il fatto, e di cominciare una personale ricerca dell'aggressore, e, oltretutto, sono i giorni in cui il padre, in carcere per una tremenda faccenda accaduta anni prima, attende l'esito della domanda di grazia inoltrata dal suo legale. "Elle" è un film da cui si esce, perchè certi film pongono questioni e toccano argomenti in cui comunque tu, spettatore, entri, attoniti. Perchè va bene che il comportamento umano è psicologico, e non logico, ma la protagonista Michèle, non fa una mossa che sia una, che abbia un'umana logica: è dissociata, fa puntualmente quello che spiazza gli interlocutori e al contempo la mette in una posizione non facile, o di pericolo. Il film parte come un thriller "rape & revenge", ma solo nella sua prima metà si mantiene tale ( anche perchè, allo spettatore smaliziato, in due inquadrature sarà abbastanza chiaro chi sia stato il violentatore misterioso), e via via assume un'aura grottesca che diventa una chiara deprecazione della "buona società", covante radici incresciose, quando non malate, dietro la facciata del bon ton e del bel vivere. Però la storia procede attraverso un accumulo di eventi clamorosi che diventano un pò troppi, per essere credibili, e Verhoeven pare non maneggiare con completa proprietà il tono appunto grottesco acceso che sarebbe stato necessario: e spesso si prova la sensazione di cose buttate lì a titolo di provocazione forte, ma un pò fine a se stessa, tanto per stravolgere chi guarda. Quindi, straordinaria la prova di una Isabelle Huppert ancora molto fascinosa, a sessantaquattro anni, buone certe intuizioni di regia, elegante la messinscena, ma per confermare la fin troppa teoria che pervade il film, quando mai una vittima proclama al suo carnefice, in una posizione più che rischiosa per la propria incolumità, che lo denuncerà? A proposito di logica, appunto...
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