Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film
La "rape culture" che tanto ha fatto incazzare le femministe fin dagli anni '70, viene snocciolata per tutto il film dal regista Paul Verhoeven per confezionare visivamente il contenuto del romanzo "Oh…" di Philippe Djian.
La "rape culture" che tanto ha fatto incazzare le femministe fin dagli anni '70, viene snocciolata per tutto il film dal regista Paul Verhoeven (noto ai più per le incursioni nella sci-fi con titoli come RoboCop e Starship Toopers e nel thriller erotico Basic Instinct) per confezionare visivamente il contenuto del romanzo "Oh…" di Philippe Djian che già alla pubblicazione nel 2012 suscitò non poche polemiche. Ma al di là della rappresentazione sadomasochista della storia, evidente già dalle prime battute, l'intendo dell'autore letterario come del regista sembra focalizzarsi sul "cinismo" che avvolge i protagonisti della vicenda. Quindi, secondo questo piano di lettura, più sociologico che intimista, l'opera assume paradossalmente valore morale nel denunciare "l'indifferenza dei tempi". Michèle si comporta così sia per le traumatiche esperienze infantili ma soprattutto perché è "figlia dei tempi" e il suo "cinismo" rivolto agli altri ma soprattutto a se stessa è l'unica via di uscita per non soccombere. In questo la professionalità attoriale della Huppert è straordinaria, capace di dar vita con la sua corporalità ad un personaggio disturbato e disturbante che già si era visto nel "La pianista".
La rassicurante e leggera scena finale, lascia presupporre una "sorellanza" che denuncia l'inutilità maschile, e a tal proposito sarebbe interessante conoscere le reazioni post-visione e/o post-lettura del pubblico femminile rispetto a quello maschile!
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