Regia di Andrzej Zulawski vedi scheda film
68° FESTIVAL DI LOCARNO - CONCORSO
Torna dopo quindici anni di assenza dalla regia Andrzej Zulawski, e lo fa spiazzando chi in qualche modo ha tentato di trovare un filo conduttore tra la sua complessa filmografia, tra le ossessioni sessuali e le mutazioni horror che hanno contrassegnato la sua avventura cinematografica. Un ritorno molto atteso in ogni caso, per uno dei film più attesi di questa edizione festivaliera.
Tratto dall'omonima opera di Witold Gombrowicz, COSMOS vede arrivare in una casa adibita a bed & breakfast, due giovani con qualche problema od incertezza esistenziale: Witold (pure lui) è uno studente con qualche problema di esami non superati all'università, mentre Fichs è un giovane vivace e ribelle che si è appena licenziato da una società di moda. La bella casa accogliente li aspetta offrendogli una camera confortevole ed il calore di una famiglia eccentrica che non si limita a fornire loro una dimora impersonale, ma invece finisce per dar loro quell'appoggio e un bizzarro calore familiare che finisce per costituire un valore aggiunto in qualche modo impagabile.
Peccato che nel parco della villa, ombroso e cinto di mura ricoperte di muschi verdi e di vegetazione lussureggiante, qualcuno si diverta ad uccidere piccoli uccelli e poi mammiferi e ad impiccarli lungo un sentiero tortuoso che collega la dimora al bosco. C'è anche una cameriera impacciata ma buona, con un vistoso problema al labbro e una avvenente figlia di una eccentrica madre (Sabine Azema) e di un padre canterino e maldestro. La giovane diviene l'ossessione di Witold, il bello del duo di nuovi ospiti, ma la ragazza si è appena sposata con un giovane altrettanto avvenente.
Per Witold è un vero problema che potrà risolversi solo con lo stesso strumento con cui vengono eliminati gli animali che si aggirano attorno a casa.
Un film inclassificabile e bizzarro, che va dalla commedia scatenata e canterina al giallo macabro che vira poi alla satira noir. Più che un film di Zulawski, complice anche la presenza di Sabine Azema, sembra di trovarsi in una delle opere mature ed ultime del grande Alain Resnais: esperimenti curiosi e pazzerelli, inclassificabili ed imprevedibili come la follia di una mente matura che può permettersi il lusso di osare e dire quello che vuole, esprimendosi come meglio crede.
Si abbandona la sala con un certo turbamento, senza saper come intendere questo scherzo crudele beffardo e insistito, canterino e maldestro che ti salta addosso senza lasciarti mai un attimo senza tregua, sbalestrato e stordito alla ricerca di spiegazioni che non arriveranno mai.
Insomma un film intrigante e bizzarro che ad un certo punto sembra beffarsi dello spettatore, irridendolo, giocando sulle sue buone intenzioni riposte soprattutto sulla circostanza di ritrovare un autore sempre piuttosto ambiguo e forse proprio per questo sempre così seguito ed amato/detestato.
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