Regia di Garth Davis vedi scheda film
Di ritorno da una spedizione col fratello maggiore in giro per racimolare soldi e cibo, Saroo Brierley si perse alla stazione di Burhanpur, salì sul treno sbagliato e arrivò, dopo due lunghi giorni di viaggio, a Calcutta, a 1600 chilometri dalla sua città, Khandwa. Era il 1986, e aveva cinque anni. Parlava a stento l'indiano e non conosceva il bengalese (la lingua del posto), stentava a pronunciare il suo nome, storpiava quello del suo villaggio, e se gli si chiedeva come si chiamasse la madre, rispondeva "Mamma". Nessuno di coloro che lo cercavano altrove lo trovò, e nessuno di coloro che lo 'trovarono' riuscì a capire quale fosse la sua provenienza. Già abituato agli stenti, sopravvisse alla strada, poi finì in orfanotrofio, fino a quando fu preso in adozione da una coppia di amorevoli australiani che lo allevarono come un vero figlio a Hobart, in Tasmania. Ma la famiglia è la famiglia, e nel 2008, fidanzato e lavoratore, scoprendo l'esistenza di Google Earth iniziò ad utilizzarlo per ricostruire il percorso verso il villaggio dal nome storpiato.
Il resto è storia. Perché Saroo Brierley esiste davvero, e questo racconto incredibile e commovente è al centro della sua autobiografia.
Ma se Saroo Brierley, quello vero, merita stima e tanto di cappello per tutto ciò che ha superato, lo stesso non può dirsi di Garth Davis, che, nel bolso adattamento cinematografico Lion, prova a condensare venticinque anni in due ore e poco più ma lo fa a scapito dei personaggi perché, protagonista a parte, solo la madre adottiva Sue - una sofferente Nicole Kidman - ha una caratterizzazione degna di questo nome: gli altri sono tutti figuranti, compresa Lucy, la ragazza di Saroo, cui presta il volto una Rooney Mara incerta e spaesata. La storia è organizzata in due blocchi, che vista la pesantezza si potrebbero chiamare anche monoliti: specie il primo, con Saroo bambino (interpretato dall'esordiente Sunny Pawar), farraginoso, soporifero e decisamente troppo lungo; il secondo, con Saroo adulto ('The Millionaire' Dev Pavel), è sicuramente più centrato e fluido ma comunque scolastico, oltre che scontato per motivi 'strutturali', tutto improntato al quarto d'ora di attesissima ed applauditissima melassa finale. Condita di lacrime. E di sbadigli.
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