15ma Festa del Cinema di Roma - Retrospettiva Satyajit Ray alla Casa del Cinema
Un giovane dottore esercita in un villaggio agricolo bengalese durante quella che diverrà tristemente nota come la carestia del Bengala del 1943, che costò la vita a qualche milione di persone.
Uno dei pochi film a colori presentati durante la rassegna, Distant Thunder spicca fin dai titoli di testa per una bella fotografia che cattura le tinte vivide della natura indiana, dai tramonti infuocati alle tremolanti farfalle su cui la macchina da presa si sofferma, ma anche i colori degli sgargianti sari dei personaggi femminili, per molti aspetti vere forze motrici della vicenda del film.
La vita già difficile di questa piccola povera comunità rurale , segnata dalle divisioni di casta, sprofonda sotto il livello della possibilità di sopravvivenza quando il prezzo del riso si innalza vertiginosamente e il cereale alla base dell alimentazione comincia a scarseggiare nei mercati.
Quando la morte per inedia diventa un rischio incombente, e per alcuni una tragica realtà, emergono la natura più ferina dell'animo umano. E così il pregiatissimo riso viene usato come esca per un ricatto sessuale da parte di un uomo dal volto sfigurato da ustioni. Poi c'è chi se lo accaparra e ne nasconde le scorte, illudendosi di scampare alla fame altrui. Il colmo della malvagità è un tentato stupro, il cui autore viene punito a bastonate dalle compagne della vittima.
Nonostante inizialmente il protagonista sia maschile, nel procedere del film è alle donne, nella loro bellezza e dignità, che Ray affida l'anima della sua opera, mostrandole capaci di una solidarietà che può superare le barriere di casta che dividono rigidamente la società induista.
Un'opera realista e naturalista, che attraverso un intreccio di storie individuali ci racconta il dramma collettivo di un intero popolo.
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