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Un uomo da marciapiede

Regia di John Schlesinger vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Un uomo da marciapiede

di axe
9 stelle

Joe Buck è un giovane abitante del Texas; convinto di poter guadagnare con facilità grazie al proprio piacente aspetto fisico e ad un look da cow-boy, si reca a New York con l'idea di fare il gigolò. "Lavorativamente" le cose non vanno come previsto, ma trova un amico, Rico, che sceglie di accompagnare in un ultimo viaggio. Film estremamente duro; il regista John Schlesinger non è tenero con i suoi personaggi, e ancor meno con la società americana, di cui dà un'immagine desolante. Il Texas, luogo d'origine di Joe Buck, è rappresentato come un'area rurale non molto rassicurante. Il passato del protagonista, raccontato tramite flashback, attesta quali morbosità e soprusi possono maturare sotto un manto d'apparente tranquillità. New York offre molte prospettive per chi sa coglierle. Lo attesta il benessere diffuso visibile quasi ovunque; ma, per chi non è in grado di adattarsi, non c'è pietà. Indifferenza, incomprensione, sfruttamento, colpiscono con durezza gli "inabili". Tale è Joe Buck, un personaggio che, per sua stessa ammissione, non è capace di far nulla se non l'amore. Tale è, altresì, l'italo-americano Rico, uno zoppo afflitto dalla tisi, che campa di piccoli imbrogli ed espedienti. Dopo aver fatto conoscenza in modo burrascoso, i due, quasi compensando le rispettive inabilità, l'inettitudine del primo e la disabilità fisica del secondo, iniziano a prendersi cura l'uno dell'altro, lasciando che una profonda amicizia - nonostante i costanti insulti reciproci - nasca e si sviluppi. La sorte non arride ai due. Il fisico del già malato Rico, a causa di un inverno trascorso in un rifugio privo di riscaldamento, cede definitivamente, e Joe, ormai privo d'illusioni, rinunzia ad una possibilità d'ingranare nel suo "lavoro" per accompagnare l'amico in un ultimo viaggio alla volta della Florida, il cui clima avrebbe potuto giovare alla salute del tisico. Ho trovato veramente ben riuscita la caratterizzazione del protagonista. Joe Buck, interpretato da Jon Voigh, è un ragazzone venuto su senz'arte ne' parte. Cresciuto con la nonna, interessata più a spassarsela con gli uomini che a dare buoni esempi al nipote, è stato coinvolto in una storia d'amore evidentemente finita male. Stanco di un lavoro di lavapiatti in un fast-food, si lascia tentare dalle prospettive della grande città. Dal suo Texas porta a New York un vestito da cow-boy ed un modo di approcciare la "clientela" assolutamente grossolano. La sua ingenuità lo conduce ad una delusione dietro l'altra. L'esperienza lo rende più determinato, ma, essendo un buono, non può non sentirsi legato a Rico, l'unica persona che gli offerto aiuto e comprensione. Valida, altresì, la caratterizzazione di Rico (Dustin Hoffman), un poveraccio abituato da sempre alle iniquità della vita, ed in questo "maestro" per Joe. L'ambiente in cui si muovono i due è descritto dal regista in modo da apparire vivido e pulsante. E' un sottobosco di disperati, nel quale la "buona società", moralmente non certo migliore, nonostante gli isterismi religiosi mostrati qua e là, puntualmente "pesca" per soddisfare il proprio desiderio di trasgressione. A tal proposito, John Schlesinger non lesina sulle situazioni di sesso d'ogni genere, nelle quali, o per propria volontà, o per disperazione, è coinvolto Joe. Immagino quale impatto possa aver avuto quest'opera negli Stati Uniti di cinquant'anni fa. Un vestito da cow-boy, tradizionalmente legato agli eroi della "Conquista del West", è fatto indossare ad un personaggio imbelle, pronto a spogliarsi - agli occhi di uno spettatore "benpensante" - della propra dignità, attratto dal miraggio del guadagno facile, tra l'altro negli anni del sanguinoso conflitto in Vietnam. Avidità, indifferenza, nichilismo, vuoto di valori risaltano ancor di più grazie al forte contrasto con il benessere materiale visibile nelle ambientazioni; non c'è, dunque, speranza per la società, ne' in campagna, ne' tanto meno in città ? Forse, ma non è detta l'ultima parola; le ultime sequenze mostrano un protagonista all'alba di un nuovo inzio. Tutte le sventure che capitano a Joe nella grande città non sono causate dalla sfortuna, bensì da suoi malsani propositi e cattiva percezione della realtà. Pertanto, benchè ancora quasi povero in canna, nell'idealizzata Florida potrebbe mettere a frutto l'esperienza di vita acquisita, e, perchè no, la bontà d'animo che ha dimostrato di avere. Un barlume di speranza c'è ... ma per uno che sopravvive, molti altri muoiono. John Schlesinger racconta la realtà con oggettività; sceglie una colonna sonora varia, in ossequio al continuo variare di ambientazioni e contesti, passato e presente; spiazza continuamente lo spettatore, privando gli elementi tradizionalmente benevoli (esempio, il contesto rurale di origine del protagonista) del loro valore consolatorio. Il regista non nega il valore del "sogno americano", ma ne deplora un'eccessiva idealizzazione che non trova fondamento nelle derive di un'arida modernità. Un film assolutamente da vedere, ottimo per caratterizzazione dei personaggi, trasmissione di sentimenti, critica di un'intera organizzazione sociale.

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