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Un uomo da marciapiede

Regia di John Schlesinger vedi scheda film

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La recensione su Un uomo da marciapiede

di maso
10 stelle

 

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Gli anni passano ma il cowboy di mezzanotte sui marciapiedi di New York raccontato da Schlesinger invecchia benissimo e continua ad avere quell'aura da cult movie epocale che chiuse gli anni sessanta aprendo i confini della New Hollywood nella decade successiva.

Dopo anni di leggende in celluloide sugli eroi a cavallo del vecchio west uscì questo film che in maniera esteticamente graffiante mise alla berlina la figura del cowboy, non più a cavallo per le praterie ma a spasso per la metropoli alla ricerca di facili guadagni e successi con donne ricche e vogliose di avventure.

Schlesinger trovò il veicolo perfetto per affossare il sogno americano nella novella di Leo Henlry esposta con lo stile libero del free cinema, movimento eccezionale della scuola britannica che già dal nome evidenzia lo stacco da vecchie forme legate dalle limitazioni della censura per i contenuti e dalle regole del vecchio cinema per uno stile che Schlesinger aveva già sperimentato in patria in film come Billy il bugiardo e Via dalla pazza folla, il suo viaggio in America e per l'America fu tanto laborioso quanto riuscito e acclamato.

La sceneggiatura perfetta scritta da Waldo Salt fu riversata in maniera ingegnosa da Schlesinger sulla pellicola modificando notevolmente la struttura del libro in cui la prima parte narra tutta l'infanzia e l'adolescenza di Joe Buck in Texas: l'abbandono, la solitudine, il primo amore, la violenza sono le esperienze che portano il nostro eroe a tagliare i ponti con il passato ma nel film sono elementi della storia inseriti nei taglienti e fulminei flashback che popolano il film vero e proprio che racconta direttamente solo la seconda parte del romanzo ovvero il viaggio di Joe Buck dal Texas a New York e poi fino in Florida con l'amico trovato Ratso in un susseguirsi di sogni infranti e incubi ricorrenti che mettono a nudo la violenza e la solitudine nascoste sotto i neon e i grattacieli;

in pratica seguendo il percorso dell'aspirante stallone Joe Buck si scopre la faccia brutta della metropoli popolata da una fauna di signore ricche e furbe che non si fanno infinocchiare dal cowboy gigolò, persone sole e in cerca di compagnia, fanatici religiosi e omosessuali di ogni genere, masochisti frustrati e barboni stesi di pancia sui marciapiedi di Manhattan nell'ora dello shopping con la gente che prosegue il passeggio come se niente fosse.

 

Allo stesso tempo però Schlesinger ci mostra il passato del protagonista con l'uso geniale dei flashback ma se il presente di Joe Buck è chiaro e lampante i suoi ricordi del Texsas si confondono con gli incubi e gli episodi che hanno segnato la sua esistenza e ci appaiono peggiori della gelida New York: la difficile infanzia con nonna Sally ma soprattutto la storia con Crazy Annie è narrata nei flashback improvvisi inseriti in un montaggio frenetico a tinte horror che danno allo spettatore la percezione della sua disavventura più che una esatta descrizione, dove finisce il ricordo comincia il sogno che si trasforma in un incubo mescolato con la sua nuova realtà di emarginato metropolitano.

In particolar modo l’ultimo incubo di Joe in cui compare Ratso fra i suoi aguzzini si conclude con un madornale errore di doppiaggio: “You’re the only one” “Tu sei unico” è la frase che Annie ripete a Joe quando stanno insieme e fanno l'amore ma dopo l’aggressione subita la ragazza in mano agli psichiatri messa di fronte a Joe ripete “He is the only one” “Lui è l’unico…. che non c’entra….che mi ama” mentre in italiano è stato tradotto con un orrendo e fuorviante “E’ stato lui….solo lui” che fa sembrare che Annie voglia accusare Joe della violenza, al contrario la ragazza sconvolta cerca a suo modo di discolparlo ma le parole d’amore che la ragazza ripeteva sempre vengono scambiate per una accusa.

 

                   Visualizza immagine di origine John Schlesinger dirige i suoi protagonisti

 

La fauna umana di New York è come quella di una giungla in cui si muove zoppicando il piccolo grande uomo incarnato da uno strepitoso Dustin Hoffman che fiuta subito la puzza di pesce fuor d'acqua che emana Joe e infatti lo raggira senza alcuna difficoltà ma poi quasi per esigenza e compassione ne diventa amico, manager e mentore intravvedendo in lui l'unica ancora di salvezza alle sue precarie condizioni fisiche e sociali, l'unico che può aiutarlo a raggiungere il suo sogno di trasferirsi in Florida ma è altrettanto vero che la sua capacità di soffrire e l'arte di arrangiarsi sono fondamentali per far si che Joe si rimetta in qualche modo in carreggiata nella sua disastrosa attività di marchettaro ingenuo che fin da quando è giunto nella grande mela ha raccolto solo fregature e si è ritrovato a battere il marciapiede sulla quarantaduesima strada dove è costretto a prostituirsi anche con gli omosessuali cosa che Ratso gli sbatte in faccia senza giri di parole.

                                                 

                                            -Quella pagliacciata da cowboy funziona solo con i finocchi-

 

Due scene memorabili legate indissolubilmente a questo film fanno emergere lo stile ultramegafree di Schlesinger radicato sulle infinite possibilità che si hanno in sala di montaggio:

“The Florida Fantasy” (come ci indica il brano in colonna sonora) è un raggio di sole nel grigio cemento di New York nel quale Ratso si vede al fianco di Joe a far lotterie e manicaretti in spiaggia per ricche signore della Florida, il sogno che la loro amicizia sbocciata come un fiore nel fango dell metropoli possa diventare l'attività commerciale che risolve tutti i loro problemi, ma l'ennesimo fallimento di Joe come stallone lo riporta alla dura realtà e ad un rigido inverno in cui le loro risorse sono sempre più ridotte al lumicino;

il party psichdelico girato con lo stile della fiction di Andy Wharol stracolmo di camera a mano, frame sporchi e sovraesposti, dissolvenze e stacchi improvvisi che sembrano far trasudare lo sballo psicofisico che l’ingenuo stallone texano sta vivendo: scambia spinelli per sigarette e pasticche per caramelle ma finisce per ottenere il suo primo vero ingaggio con una appetitosa Brenda Vaccaro, che con un cognome così sembra nata per questo ruolo.

Il resto del film lo fanno gli attori e la spietata New York: Hoffman aveva già fatto “Il laureato” e Schlesinger non era sicuro di poterlo staccare da quel ruolo ma l’astro nascente dal naso lungo e il cervello fino diede un appuntamento al regista per discutere la parte e si presentò con le sembianze di un barbone e un paio di sassolini nella scarpa per zoppicare tanto che non venne subito riconosciuto.

Il laureato era scomparso a discapito del disgraziato italoamericano figlio di un lustrascarpe che cerca disperatamente di sopravvivere ad una città ostile coltivando l’unico sogno di volare al sud, in Florida dove il caldo potrebbe rimetterlo in sesto.

Il suo partner perfetto fu un allora sconosciuto John Voight che vinse su Michael Sarrazin il ruolo che lo lanciò fra i grandi attori della New Hollywood, tutt’ora uno dei miei preferiti: è lui il vero protagonista della storia con il suo volto da bambinone ingenuo non sbaglia una smorfia, un sorriso, un'aggrottarsi delle ciglia, semplicemente bravissimo.

In pochi altri film ho visto due attori interagire con tanta naturalezza in scene in cui l’umore fra loro varia continuamente rendendolo sempre credibile: Joe passa dall’essere una vittima degli imbrogli di Ratso al considerarlo uno di famiglia in un alternarsi di rabbia, sfiducia, paura, affezione, complicità, solidarietà, amore; quando Joe è ormai senza un soldo e un luogo in cui dormire Ratso lo accoglie nel suo tugurio e se ne occupa come una madre che prepara il figlio per la scuola e quando Ratso è ormai allo stremo delle forze e in condizioni di salute disperate è lui a sobbarcarsi i problemi dell'amico sul groppone mandando a fondo definitivamente il suo progetto di diventare un gigolò per relizzare il sogno del suo amico di raggiungere la Florida.

Il risultato fu strepitoso considerando che il film per i contenuti forti e la loro esposizione fu bollato con la X del vietato ai minori sotto la categoria del genere pornografico ma nonostante ciò ricevette consensi ovunque e divenne ben presto uno dei classici delle proiezioni a mezzanotte e ricevette tre meritatissimi Oscar per la sceneggiatura la regia e il miglior film.

Scandalosamente non fu premiato per il miglior montaggio che per quei tempi era assolutamente all'avanguardia e fa scuola ancora oggi, per la bellissima Everybody's Talkin cantata dal grande Harry Nilsson, mentre a un doveroso pari merito fra Voight e Hoffman preferirono concedere un Oscar a John Wayne che è stato per anni sul grande schermo ciò che Un uomo da marciapiede vuole mettere alla berlina.

John Wayne odiava questo film forse proprio per questo motivo e perchè in una scena in cui Joe e Ratso litigano sul fatto che vestirsi da cowboy sia roba da checche Joe dichiara:

 

                                                                   - John Wayne era un finocchio?-

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