Regia di Dziga Vertov vedi scheda film
"L'uomo con la macchina da presa"è il resoconto di una giornata tipo della vita della città di Odessa. Dall'alba al tramonto la macchina da presa si erge ad arbitro degli sviluppi possibili della vita della città e entra letteralmente nelle cose che inquadra che assumono, ora la forma di persone che si apprestano a cominciare una nuova giornata, ora quella dell'agitazione urbana che si fa via via più animata con gli uomini che vanno al lavoro e le macchine che si mettono in moto.
Il film rappresenta il manifesto della teoria del Cineocchio (Kinoglaz) e sequenza dopo sequenza immerge lo spettatore in un caleidoscopio di immagini che nel loro susseguirsi, sovrapporsi dilatarsi e dissolversi senza criterio logico alcuno dimostrano l'artificiosità del mezzo cinematografico. Immmerso nelle avanguardie artistiche di inizio secolo, Dziga Vertov con la teoria del Kinoglaz ha inteso sancire l'impossibilità del cinema di rappresentare la realtà sensibile in tutte le sue multiforme fattezze e a coglierne l'evoluzione dinamica con perfetta linearità. Per la prima volta, in maniera cosi compiuta, viene teorizzato l'assunto che il cinema rappresenta un ulteriore strumento a disposizione dell'uomo per capire la realtà circostante a patto però che si instauri tra loro un proficuo rapporto dialettico che se da un lato non può prescindere dal ruolo mediato dell'operatore cinematografico, il cui intervento affranca l'arte cinematografica da una rappresentazione meramente descrittiva della realtà, dall'altro lato serve all'uomo stesso per ricevere gli strumenti per andare oltre quel rappresentato filmico che non può essere che parziale in quanto frutto di una sensibilità soggettiva. Il modo radicale con cui Vertov ha sconvolto gli spaccati di vita ripresi dal cineoperatore attraverso l'utilizzo sistematico degli espedienti espressivi propri del cinema (dissolvenze, sovrimpressioni, montaggio, ralenti, accellerati), vuole evidentemente rappresentare la creazione di un linguaggio tipicamente cinematografico, a se stante, capace cioè di separarsi da ogni espressione artistica che lo ha preceduto. Lo sperimentalismo che rasenta l'assoluto e il pioneristico apporto dato alla grammatica cinematografica, rendono "L'uomo con la macchina da presa" un capolavoro senza tempo.
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