Regia di Philippe Garrel vedi scheda film
Vecchio. Fiacco. Interpretazioni sballate, esagerate. Un tentativo di operazione nostalgia mal riuscito. Philippe Garrell cerca di recuperare il cinema lowbudget della nouvelle vague con un’economia di inquadrature sempre fisse, piccole panoramiche e pochi tagli, ma il risultato è “troppo” corretto.
La fotografia appare molto rovinata e piena di grana (il presentatore in sala ha specificato che il film è stato girato in 35 millimetri e proiettato in digitale), ma il risultato non ha nulla di stupefacente, anzi. Il figlio del regista, Louis, interviene ogni tanto come voce narrante dal tono asettico. Persino l’uso della voce fuori campo risulta vecchio e anche gli interventi musicali sono disarticolati e in generale non risulta chiara la ragion d'essere di questo film. Le dinamiche sentimentali sono molto semplici, al limite del banale (sebbene qualche sorriso riesca a rubarlo). Sembra evidente che il programmatico recupero di tutte queste forme cinematografiche andate in disuso (direi per ragioni valide), imperfette e (perdonatemi) brutte, sia una scelta voluta dal regista. Ma quindi Garrel voleva davvero far un film (perdonatemi ancora) brutto? I nostalgici autori cinefili americani col tempo hanno imparato come si fa (che è anche un elemento portante del postmodernismo). Ovvero con l'ironia. Ancora meglio, l'autoironia. Qui purtroppo non ce n'è traccia.
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