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Caprice

Regia di Emmanuel Mouret vedi scheda film

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La recensione su Caprice

di hupp2000
8 stelle

Clément, giovane e piuttosto timido insegnante, divorziato e padre di un ragazzino di 10 anni, si reca frequentemente a teatro per ammirare la sua attrice preferita. Il caso vuole che un bel giorno la incontri di persona e, inaspettatamente, la splendida donna s’innamora di lui. Tutto filerebbe liscio se nella vita di Clément non spuntasse la giovanissima Caprice, che ben presto si rivela assai invadente nel suo tentativo di vivere un’intensa storia d’amore, pur essendo a conoscenza del legame esistente tra l’uomo e la sua celebre compagna. Nulla di buono all’orizzonte, anche se nel finale pessimismo e ottimismo finiscono per bilanciarsi.

 

Giunto al suo ottavo lungometraggio, Emmanuel Mouret conferma di possedere un suo stile molto personale, anche se visibilmente ispirato al cinema di Woody Allen e Eric Rohmer. Come Woody Allen nella prima lunga parte della sua carriera, Emmanuel Mouret mette in scena se stesso, creando un personaggio colto e un po’ ingenuo, goffo nelle movenze e intellettualmente molto onesto. Difficile non provare empatia per il sobrio e stupito insegnante nel momento in cui si rende conto che la sua attrice preferita si è innamorata di lui. E’ la realizzazione di un sogno considerato impossibile, che in breve tempo dovrà fare i conti con la realtà, con le pulsioni più difficili da controllare, con le gelosie e le rivalità inevitabili nei triangoli amorosi. Il riferimento ad Eric Rohmer scaturisce proprio dal modo in cui questi sentimenti vengono raccontati. Anche in presenza di emozioni fortissime e frangenti di alta tensione, nulla è mai gridato né calcato. L’autore/protagonista osserva, affina i ritratti psicologici dei personaggi, riesce ad evitare un romanticismo che potrebbe scivolare nel melenso. Altrettanto misurata è la rappresentazione dei rapporti fisici tra figure che s’incontrano, si desiderano e finalmente si congiungono. Si parla di tutto, ci si accoppia, ma visivamente non ci si spinge mai oltre il bacio. Questa sembra essere una costante nei film di Emmanuel Mouret. Basti pensare al precedente “Un baiser s'il vous plaît” (per una volta ottimamente tradotto “Solo un bacio”) del 2007, forse il più rohmeriano dei suoi film. Con questa mia terza recensione di un suo film, anche le quattro stelle sembrano diventare una costante.

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