Scarmigliata, con la sigaretta in bocca e senza un filo di trucco, l’estetica di Anna Mouglalis concentra su di sé le caratteristiche del nuovo film di Charles-Oliver Michaud focalizzato sulla vicenda di una fotoreporter – Anna Michaux – impegnata a fare luce sul traffico di esseri umani e, nella fattispecie, sul dramma delle ragazze costrette a prostituirsi per conto di una potente triade tailandese. Scegliendo un’attrice come Mouglalis per un ruolo che in qualche maniera ne mortifica la beltà dei lineamenti, Michaud fa della protagonistal’ambasciatrice di una sguardo che pur rimanendo all’interno del cinema di finzione – per la presenza di personaggi fortemente caratterizzati, funzionali allo sviluppo del tessuto narrativo – non rinuncia a osservare la realtà con occhio documentaristico, soprattutto quando si tratta di perlustrare – insieme a lei – i bassofondi della capitale thailandese, restituiti con scampoli di inquietante verità.
Ambizioni, quelle appena menzionate, destinate a non essere le sole messe in campo dal regista nel corso del film. Da un lato, infatti, Anna vuole essere innanzitutto un thriller a tutto campo: efficace sul piano della tensione, quando si tratta di raccontare l’indagine ad alto rischio che porta la donna a sfidare gli aguzzini, determinati a chiuderle la bocca attraverso una raccapricciante rappresaglia; coinvolgente, per il fatto che le reazioni a catena scaturite dalla persistenza con la quale Anna porta avanti la sua missione procedono di pari passo con la ricognizione esistenziale del personaggio al quale Mouglalis si presta con adesione da Actors Studio. Dall’altra, il film non rinuncia alla propria militanza, cogliendo ogni volta l’occasione per ricordarci l’orrore che si nasconde dietro l’apparente civiltà delle nostre vite e, in sottordine, prendendosi la briga di ragionare sulla professione del giornalista di cui Anna rappresenta la faccia più viscerale e combattiva. Girato nel 2015 e presente in numerosi festival internazionali, Anna pur mostrando una veste autoriale funziona meglio come prodotto di genere.
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