Regia di John Ford vedi scheda film
Film testamento di John Ford, "L'uomo che uccise Liberty Valance" è uno dei suoi western più pessimisti, già in odore di western crepuscolare. Di questo film quasi tutti ricordano la frase "quando la leggenda diventa realtà, stampate la leggenda", ma c'è anche molto altro. Colpisce la decisione del maestro di girarlo in bianco e nero in pieni anni Sessanta, ma oltre alla necessità di girarlo a costi più bassi, fu forse dettata anche da scelte estetiche, visto che in certe scene c'è un uso delle ombre di matrice espressionista che si riallaccia a vecchi film come "Il traditore". È un film tra i più politici di Ford, dove si parla della fine del West selvaggio e dell'avvento di un West più democratico e civilizzato; in questo senso le somiglianze con "C'era una volta il West" di Leone sono abbastanza evidenti, ma è noto che Leone mitizzasse l'opera del regista americano. Girato interamente negli studios della Paramount, è un film prevalentemente di interni anche se non è vero che è tutto girato tra le pareti di una cucina e di un ristorante, e comunque può contare su un ritmo degno di quello dei grandi capolavori precedenti e su una galleria di personaggi molto ampia e colorita. James Stewart è anche qui l'incarnazione degli ideali democratici della nazione, ma sconta una scelta di casting quantomeno singolare, perché con i suoi 53 anni non può essere un attore ideale per il ruolo di Ransom Stoddard quando parte il flashback e arriva nella cittadina di Shinbone come giovane avvocato di belle speranze: qui la sospensione dell'incredulità richiesta da Ford allo spettatore può risultare un po' eccessiva; John Wayne recita sempre lo stesso ruolo, ma lo fa con una sicurezza ormai ammirevole, Lee Marvin è bravissimo nel ruolo del bandito animalesco che da' il titolo all'opera e Vera Miles è una donna contesa che mostra la sua dignità e una sensibilità femminile resa con calore e partecipazione. È un film che col passare degli anni ha trovato sempre più ammiratori, dimostra la vitalità e la creatività dell'autore anche in vecchiaia e si avvicina alla perfezione stilistica di "Sentieri selvaggi" e "Sfida infernale".
Voto 9/10
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