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L'uomo che uccise Liberty Valance

Regia di John Ford vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che uccise Liberty Valance

di scapigliato
8 stelle

Chi è il vero protagonista di questo film? Il Tom Doniphon, eroe solitario destinato alla sconfitta esistenziale e per questo irrimediabilmente romantico, e quindi leggendario e mitico? Il Ransom Stoddart, uomo di cultura e giustizia, emblema del progresso giusto e umano? Il Liberty Valance, antieroe abnegato che dà il titolo al film? Il West stesso? O la Hallie che vede la sua vita cambiare, migliorarsi, in funzione di un duplice amore? Di certo, ad aiutarci non poco è la battuta finale di un giornalista: “Quando nel West la leggenda incontra la verità, vince la leggenda”. Se togliamo le letture politiche in cui si può ingiustamente infilare il film di Ford, uno degli ultimi western e per questo amaro e consapevole, ci rimane la storia di un’amore conflittuale, di un’amicizia conflittuale, di una lotta civile conflittule. Eppure, depurando ogni singolo elemento analitico, possiamo ritrovarci tra le dita la sola e semplice leggenda. Quella che piange il deserto sostituito dal giardino, la strada polverosa dalle troppe case e ferrovie, le scazzottate e le mandrie in corsa dalle elezioni e dalle assemblee. Quella leggenda che piange la morte di Liberty Valance, la cavalcata solitaria di Tom Doniphon, i visi di Lee Van Cleef e Andy Devine. John Ford è lucido nel suo tratteggiare la sconfitta come uno stato di grazia che ci allontana sì dal mondo che cambia, ma che ci fa rimanere vicini a ciò che siamo e al sogno che perpetuiamo.
“L’Uomo Che Uccise Liberty Valance” non è solo un film che documenta la fine del West e l’avvento del progresso e del futuro sostenibile, ma soprattutto è un film che narrativizza lo smacco profondo, la sconfitta non rimarginabile di chi crede in un altro mondo, primitivamente etico, dove correre a cavallo nel deserto, sbronzarsi con l’amico, amare la propria donna sul fieno della stalla, rincorrere i banditi o scappare dagli sceriffi. Il West non come Epopea storica realmente esistita, ma come luogo dell’anima regressivo in cui rifugiarsi quando la vita si fa dura e cozza con il nostro animo da sognatori.

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