Regia di James Franco vedi scheda film
“-Montomery Clift ha alloggiato in questa stanza!!
-E chi è Montgomery Clift?”
La potenza dell'outsider.
Cinefilo da poco tempo, ma colto da una passione travolgente che non lo fa pensare ad altro che ai capisaldi di un cinema che ha scoperto solo da pochissimo tempo, distolto prima di ciò da eventi o circostanze che poco ci interessano, Vikar giunge a Hollywood negli studi della Paramount a fine anni Sessanta, introducendosi ne mondo del cinema come architetto responsabile di sfondi e scenografie.
Rasato sul capo per permettere che il suo eccentrico tatuaggio che raffigura la scena madre del celebre film Un posto al sole (con i volti delle due star Montgomery Clift e Liz Taylor uniti in un abbraccio caloroso), risulti inequivocabilmente in evidenza come omaggio in onore della pellicola di George Stevens che adora e che lo induce ad interessarsi di tecniche di montaggio, il ragazzo si appassiona presto alla tecnica di come si assembla il materiale filmato, e, forte dell'amicizia con una esperta del settore, ne apprende i trucchi e le tecniche operative, fino ad emergere come il più geniale e ambito tra gli esperti del settore, agognato dai registi più in voga, dai produttori più eccentrici, e indissolubilmente innamorato di una splendida attrice, forse troppo bella per essere in grado di sfondare veramente come egli desidererebbe.
Il percorso ossessivo e intransigentemente cinefilo di una carriera irresistibile che affianca i capisaldi di un buon decennio di cinema e il lavoro ispirato di autori nel loro massimo stato di ispirazione e genialità, finisce per disegnare un percorso distruttivo ed effimero tutto votato all'insegna del cinema vissuto e vivisezionato in modo così totalizzante da diventare tossico e letale.
Amici preziosi come la generosa Dotty Langer (una straordinaria Jacky Weaver), cineasti folli e geniali come Viking Man (Seth Rogen, irrinunciabile in un film di Franco), la dova troppo bella per poter sfondare, Soledad Paladin (la sempre spaziale Megan Fox) e la di lei figlia ribelle Zazi (Joey King) che egli inizia alla cinefilia con la costanza di un padre putativo, e lo spregevole produttore prepotente ed isterico Rondel (il solito incontenibilmente e magnificamente istrionico Will Ferrell), fino al fratello Dave Franco impegnato a fornirci una versione assai credibile e godibile di Monty Clift, si alternano in un girotondo che include titoli indelebili della storia del cinema d'autore, in un vortice cinefilo in cui il “posseduto” dal cinema James Franco.
Autore, regista, attore dall'attività bulimica da record durante tutti gli anni '10, tra trasposizioni di classici della letteratura americana, blockbusters senza sosta, partecipazioni a film d'autore, piccole produzioni cinefile di nicchia, omaggi cinefili a cult classici o maledetti, e commedie ironiche e scorrette girate con la sua gang di attori-amici affezionati ed irrinunciabili, Franco è una forza della natura, in cui Zeroville risulta come qualcosa di molto autobiografico, o comunque di qualcosa di necessario a esaltare la cinefilia che l'attore e regista ha nel sangue, che rende quella sua folle produzione un film pazzo, sregolato, inzuppato fino al midollo di citazioni (tra gli altri, oltre al ricordato con Monty e Taylor, L'uomo della Mancha, Il lungo addio, Apocalypse Now, fino addirittura a Vampiros Lesbos). di leggende, fantasie, clamori, persino clamorose balle, ed altre cose cinefile quasi sempre gradevoli o suggestive.
“-I film sono dentro ogni epoca. E ogni epoca è dentro i film”.
-”Si certo, ma la realizzazione di qualunque film è, ricordatelo, sempre qui ed ora!”
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