Regia di Simone Scafidi, Carlo A. Sigon vedi scheda film
Ci sono personaggi che superano i campanilismi, incarnano lo spirito intimo del calcio e lo utilizzano per trasformare lo sport in messaggio universale. Javier Zanetti è tra questi, ultima bandiera di un club che lo prelevò dall’Argentina come aggiunta al più quotato Sebastián Rambert (in realtà rivelatosi il solito bidone morattiano) e si ritrovò tra le mani, quasi per sbaglio, l’erede di Facchetti e Bergomi al ruolo di capitano, etico e sportivo. Moderatamente agiografico, frontale e polifonico (con contributi da ex compagni di Talleres, Banfield e Inter, da familiari e da personalità quali Mazzola, Messi, Baggio e Mourinho), il lavoro di Scafidi e Sigon utilizza l’approccio biografico in modo insolito. Procede, cioè, affidando il punto di vista sul calciatore al conterraneo scrittore non vedente Albino Guaron. Attraverso i racconti del letterato, il campione emerge come figura lirica, quasi mitologica e per nulla retorica, da consegnare ai nostri occhi soltanto attraverso foto e filmati di repertorio. Dall’infanzia al trasferimento in Italia, dalle sconfitte del primo decennio interista alle vittorie del secondo e all’impegno nel sociale con la Fondazione PUPI: nulla è trascurato nel racconto di «un uomo eccezionale nella sua normalità», capace di diventare leggenda nonostante qualità calcistiche ordinarie e di affermare, così, quanto il fattore umano, nello sport, possa essere ancora più determinante di quello tecnico.
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