Regia di François Truffaut vedi scheda film
“Niente assomiglia ad un funerale più di un altro funerale. Eppure questo ha qualcosa di particolare: non si vede un uomo. Senza dubbio credo che Bertrand avrebbe apprezzato il proprio funerale……..Ecco il momento della verità. Dov’è adesso è ben piazzato per guardare un’ultima volta ciò che più apprezzava in noi. Mi ricordo una frase di Bertrand: “Le gambe delle donne sono dei compassi che misurano il globo terrestre in tutti i sensi, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia”
Questa è la voce, fuori campo, di Genevieve (Brigitte Fossey), che pone l’incipit di questa scintillante opera di Truffaut, una delle più affascinanti e belle, venata di tristezza e di un’aura di morte, del regista dal tocco delicato e geniale, capace di attingere abbondantemente non solo dalla fantasia ma soprattutto alla sua esperienza di vita, sempre portato ad omaggiare il mondo femminile, la gioventù incompresa ed il cinema. E lo fa ricorrendo alla figura dell’ingegnere Bertrand Morane (Charles Denner), un distinto signore di mezza età che “dopo le 18 non lo vedrai mai in compagnia di un uomo”. Bertrand non è un bell’uomo, ma , come lo descrive una delle sua conquiste: “è di statura media, magro, bruno, faccia scavata, aspetto tenebroso, muove la testa come un uccello notturno, quando cammina per la strada ha l’aria assorta, a volte ha uno sguardo di un assassino””credo che sia difficile rifiutarti qualcosa". "Hai tutto un modo particolare di chiedere, come se ne andasse della tua vita”.
E’ ossessionato dalle gambe delle donne, specie se s’innalzano sopra una caviglia robusta. Trovandosi in una sala d’aspetto in aeroporto, piena di uomini d’affari con le loro valigette e gli abiti scuri, la sua fantasia ossessiva gli fa apparire una miriade di gambe femminili, attraenti, inguainate di calze di seta, pudicamente accavallate. Non riesce a vivere da solo, ha il bisogno assoluto di una compagnia femminile, avverte la indispensabile necessità di accompagnarsi ad una donna, dalla quale chiede quell’amore e quella considerazione che da giovane non ha ricevuto dalla madre, tiranna e piena di amanti, e contemporaneamente è disposto a dare il suo affetto, con dolcezza, alla pari, nel rispetto reciproco, senza prevaricazioni ed allo stesso tempo senza prendere impegni duraturi. “Niente è più bello da guardare di una donna con il vestito o la gonna ondeggianti al ritmo dei passi”. “la verità è che loro vogliono ciò che voglio io: l’amore, quello fisico e quello sentimentale”. Ma una delle sue donne precisa “credi di amare l’amore, ma non è vero. Tu ami l’idea dell’amore”. Pensa che d’inverno le donne vadano in ibernazione. A primavera (senza cappotti o pellicce) compaiono a milioni. E’ come un collezionista di farfalle, non di quelli che se ne adornano mettendole in bacheche infilzate da uno spillo, ma di quelli che amano vederle svolazzare libere, policrome, dal volo imprevedibile e che si posano con delicatezza agitando le ali colorate. Non crede al matrimonio. Vedendo una coppia che è appena uscita dalla chiesa dove si è sposata commenta fra sé e sé “ecco un’altra coppia che crede in Babbo Natale. Fra sei anni si separeranno, saranno di nuovo liberi, ma chi ci andrà di mezzo saranno i bambini”.
A seguito della mancata conquista di una commessa di un negozio di biancheria intima (“così la bella venditrice di reggiseno non può fare all’amore che con i ragazzetti dalla pelle liscia e tenera”) colpito dal fatto che non era la prima volta ma la più inattesa, si mette a scrivere un libro sulle sue avventure. Intende pubblicarlo, anche a sue spese. Con il titolo “Lo stallone”. Nella stesura emergono vividi ricordi autobiografici del regista. E’ l’occasione per conoscere Genevieve, del comitato di lettura della casa editrice Bétany. A lei , contro il parere degli altri componenti, piacciono le contraddizioni che emergono dall’esame del manoscritto, perché sostiene che si tratta della “storia di un donnaiolo rimasto bambino”. E’ lei che suggerisce il cambiamento del titolo con “L’uomo che amava le donne”. Bertrand è d’accordo , ma chiede perché usare l’imperfetto. Genvieve spiega che si tratta di una questione di fonetica, suona meglio ed in più ritiene che si adatti più adeguatamente al suo stile. Lui non è un Casanova, non è un don Giovanni, non cerca di apparire visibile ad ogni costo. Il suo lavoro ha un valore preciso. E’ una testimonianza del rapporto uomo donna nel XX secolo. Nei futuri rapporti si giocherà ancora, ma questa volta alla pari. L’uomo non sarà più un cacciatore, non aggiungerà prede al suo carnet di macho. Naturalmente Genevieve diventerà una sua nuova conquista e, fra tutte, sarà quella che acquisterà la predominanza sia come amante, amica, ma anche come figura materna ed al funerale sarà quella che riassumerà al meglio la natura di questo uomo gentile, dal passato difficile, che finalmente ha trovato la più idonea conclusione al libro, profeticamente intitolato usando un verbo all’imperfetto.
Se Bertrand è apparentemente il protagonista del film in realtà il mondo femminile, nel suo complesso variegato, si impone sul palcoscenico e si muove alla pari con il protagonista maschile nello sviluppo del tessuto narrativo e Truffaut ancora una volta coinvolge lo spettatore alla piacevole visione di uno dei più autobiografici film che il geniale autore francese sia riuscito a comporre. L’opera colpisce ed avvince lo spettatore per la sua atmosfera di allegria, ironia, semplicità, malinconia, miscelate nella giusta dose. Nonostante l’argomento possa apparire spinoso, Truffaut non cade mai nel volgare, nelle scene di sesso sfrenato, oggi sempre più inevitabili e mostrate con disinvoltura, esibite anche quando non strettamente necessarie, lunghe ed indigeribili. Nonostante ciò mantiene un ritmo sostenuto, non annoia, tiene sveglia costantemente l’attenzione, ci rende partecipi delle avventure amorose di Bertrand e dei suoi momenti di melanconia. Moltissime sono le idee brillanti che il regista, con mano leggera, presenta al pubblico, colte durante la stesura del libro di memorie. Il film ha un inizio, un unico flashback che dura sino quasi alla fine, ha solo messaggi comprensibili, facili da cogliere: tenerezza, amore, comprensione, ossessione per le cose belle. Vi lascio i film di questi ultimi anni. Io mi rifugerò nella visione di “L’uomo che amava le donne” Voto 9
Semplice e lioneare, con la sua poetica, ironica e melanconica ma originale e profondamente rispettosa nei confronti del mondo femminile, ricca di riferimenti autobiografici da parte del regista-sceneggiatore
Sempre all'altezza del compito di supporto alla trama
Pensare di cambiare qualcosa sarebbe solo follia
Ho scoperto tardi questo geniale regista, da tocco leggero dalla grande fantasia, ma nche dalla dolcezza dei suoi sentimenti. E' uno dei pochi registi-scenografi che infarcisce le sue opere con riferimenti autobiografici. Inimitabile, capace di presentare opere che hanno sempre il senso dell'amore, della tenerezza, del rimprovero per le crudeltà rivolte ai bambini ed adolescenti.
Formidabile attore, insostituibile nel ricoprire il ruolo di Bertrand. Ho parlato (anzi Truffaut l'ha fatto) abbondantemente del suo ruolo che interpreta con altissima capacità espressiva
Non ha una parte di rilievo essessiva ma è adorabile come Genevieve, amante, amica, materna
Breve apparizione ma colma di espressività e di dlorosa tenerezza
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta