Regia di François Truffaut vedi scheda film
Francois Truffaut è senz’altro il miglior cineasta espresso dal cinema francese, scomparso troppo presto (nel 1984), ci ha lasciati in eredità una ventina di titoli da scoprire e riscoprire. Ex critico cinematografico molto conosciuto e apprezzato dei “Cahiers du Cinéma”, nel 1959 esordì con lo straordinario I 400 COLPI, autobiografico ritratto di un tredicenne incompreso e non amato dai genitori e dalle istituzioni scolastiche in fuga da loro e desideroso di vedere il mare. Film seminale della Nouvelle Vague e non solo, poetico e lieve come lo sguardo e la mano del regista. Nel 1976-77 gira L’UOMO CHE AMAVA LE DONNE, una commedia sentimentale che inizia e si conclude con il funerale di Morane, un quarantenne dal fascino particolare, seduttore e collezionista di donne, un ingegnere di Montpellier che s’improvvisa scrittore dei suoi numerosi successi amorosi e di alcune delusioni, dall’infanzia all’età adulta, poco prima della pubblicazione del romanzo ha un doppio incidente mortale a causa delle amate donne. Truffaut era un vero maestro nel raccontare con leggerezza e profondità commedie e drammi, anche in questa pellicola di trent’anni fa dosa con sapienza momenti ilari e drammatici con un tocco unico e personale (i momenti tragici sono sempre rivestiti di sottile ironia). Il personaggio di Morane costruito addosso all’attore Charles Denner è per certi versi un po’ inverosimile, non sempre la realtà è così facile, però ciò che convince e appassiona è la sua carica di fascino e umanità verso le donne, di totale dedizione per i loro problemi e la loro psiche, come dire Morane va al di là dell’aspetto fisico e della celeberrima frase pronunciata durante il film: “Le gambe delle donne sono compassi che misurano il globo terrestre in tutti i sensi donandogli il suo equilibrio e la sua armonia”. Ed egli stesso (Morane) non è un bel manichino da ammirare dietro una vetrina (l’incubo che a un certo punto fa il protagonista), ma un uomo con una particolare sensibilità femminile. Se Godard è stato sopravvalutato troppo a lungo (tranne le prime opere), il pudico Truffaut forse perché lontano dalle ideologie è sempre stato sminuito, oggi meritatamente, e a pieno titolo, fa parte dell’Olimpo dei grandi.
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