Regia di Giuliano Carnimeo vedi scheda film
Quando lo "Zapata Western" incontrò il "Pugni & Calci Western". Garko rifà Sartana in versione "mistica", questa volta alleato con un falso pretone manesco alla Bud Spencer, contro banditi americani e militari messicani per dei sacchetti di pepite d' oro. Più riuscite le musiche di Nicolai. Infatti bastò il primo episodio e Adios amigos!
Dopo lo spaghetti western arrivò il tortilla western e infine il fagioli western li fece fuori tutti. Di film di registi italiani ambientati nel Messico rivoluzionario del primo decennio del secolo scorso ne avevano già girati troppi, spesso con storie e personaggi simili, quali il consueto cinico mercenario straniero alleato con il solito bandito messicano futuro rivoluzionario di turno, spesso armati di dinamite e dell’ immancabile mitragliatrice per falciare tutti i federales e i rurales del governo militare reazionario. Basta vedere questi film di vari registi italian girati dalla metà degli anni sessanta ai primi anni settanta: Quien Sabe? Corri uomo corri! Il Mercenario, Vamos a matàr companeros! Un esercito di cinque uomini, Tepepa, Giù la testa! Indio Black sai che ti dico? Sei un gran figlio di... e Viva la muerte... Tua! tanto per citare i più noti. Dopo aver ispirato alcuni registi americani e convinto Sergio Leone a girare un quinto film ambientato nel Messico di Villa e Zapata, che non ebbe lo stesso successo dei suoi precedenti western all’ americana, questo sottogenere cominciava ad essere a corto di idee nuove, tanto che già nel 1970 venne girato dal misconosciuto Giovanni Fago il film O' Cangaiçero, dalla trama simile a quelle degli altri western italospagnoli d' ambientazione rivoluzionaria messicana ma ambientato nel Brasile degli anni venti-trenta del Novecento, con protagonista Tomas Milian affiancato da Ugo Pagliai nel ruolo di un suo più colto amico olandese. Il colpo di grazia a questo breve filone del western nostrano lo diede sicuramente il film "Uomo avvisato mezzo ammazzato… Parola di Spirito Santo" di Giuliano Carmineo, regista di altri western poco originali e memorabili.
Questa volta il protagonista è l' allora noto interprete di altri western italospagnoli Gianni Garko, qui nei soliti panni di un micidiale pistolero derivato dal già interpretato Sartana, un nerovestito incrocio tra Django, Sherlock Holmes e James Bond 007. L’ unica differenza è che stavolta veste di bianco e si fa chiamare Spirito Santo. La sua arma vincente è un mitra che sembra un comune fucile a ripetizione manuale Winchester, oltre che a una sua notevole furbizia e velocità. Per distrarre i nemici usa una colomba bianca ammaestrata detta Aquila. Per far fuori gli ultimi avversari inventa un facile stratagemma già visto nel primo western di Leone. Per trovare un gruzzolo di pepite d’ oro in una desolata e povera regione del Messico, Spirito Santo si allea con un falso pretone manesco più forte di lui ma anche più fesso detto Carezza (Cris Huerta, doppiato con la stessa voce italiana di Rod Steiger in “Giù la testa!” di Leone) e insieme a lui riesce a sgominare, anche con l’ aiuto di una bella rivoluzionaria (Pilar Velasquez) e di una Armata Brancaleone di peones, un dittatore militare senza scrupoli (Poldo Bendandi) che comanda un piccolo esercito di soldatii fucilatori e rastrellatori di ribelli di ogni ceto sociale, nelle sue trame di oppressione e sfruttamento spalleggiato anche da un bandito americano (Paolo Gozlino) altrettanto spietato, capo di una piccola banda formata dai suoi tre fratelli meno furbi di lui rimasti a casa in America.
Un western rivoluzionario messicano semiserio che parte con una serie di omicidi e soprusi ai danni dei poveri peones sottomessi dal sedicente Presidente Ubarte, uno spietato generale usurpatore di un vecchio presidente democratico, molto ispirato anche fisicamente a un suo parigrado veramente esistito ai tempi di Pancho Villa e Zapata, per poi concludersi con una rivolta popolare a suon di botte che vede coinvolti un fortissimo gruppo di giovani puttane affiancate da una banda di brutti ceffi travestiti da mignotte contro dei militari messicani imbecilli quanto imbranati e poco combattivi, notevoli soltanto per il loro lungo cappello a visiera in stile ottocentesco di tela color sabbia, che strano ma vero, fu indossato in versione più corta da quelli veri oltre che al più diffuso berretto a visiera di foggia tedesca. Si comincia con un carosello di morti ammazzati quasi tutti dall’ infallibile e immacolato pistolero biancovestito da elegantone, per poi finire in una grottesca baraonda da cartone animato con sonori calci, pugni, bastonate e battutine frivole, alcune addirittura dette in accento dialettale italiano, con il sottofondo di un' epica ballata rivoluzionaria cantata in spagnolo ma composta da Bruno Nicolai. Ovviamente in un cast di attori di terzo piano che comprende il falso Spencer portoghese Huerta, il tozzo cuoco e caratterista Bendandi e l’ ex ballerino televisivo Gozlino, risalta solo il già stravisto e collaudato Gianni Garko. La giovane e bella attrice spagnola Pilar Velasquez, dopo questa ed altre esperienze cinematografiche italiane di vario genere, tornò in Spagna per fare l’ attrice di teatro.
Rispetto a “Lo chiamavano Trinità” uscito l’ anno prima con un incredibile successo di pubblico, tanto che rinnovò un genere ormai in via di estinzione perchè stracolmo di decine di più drammatiche ma banali imitazioni dell' imitazione senza un briciolo di fantasia, questo insolito film di Carmineo, strano incrocio tra il western serio d' ambientazione messicana rivoluzionaria e il meno impegnato e più comico western a base di pugni, calci, pochi spari e niente sangue inaugurato da Bud Spencer e Terence Hill, non riscosse lo stesso successo, tanto che il nuovo personaggio di Garko si fermò al primo episodio e Adiòs amigos! Ormai anche in quel sottogenere western molto meno lungo di quello tradizionale erano ormai arrivati alle soglie della parodia comica, anche se in questo film di Carmineo non erano ancora scesi ai livelli pietosi degli imitatori di Trinità e dei sosia di Spencer e Hill, in altri film girati in seguito dallo stesso regista. Ma forse il colpo finale a quel genere western nostrano terzomondista lo diedero Vittorio Gassman e Paolo Villaggio nel film grottesco di Sergio Corbucci “Che centriamo noi con la rivoluzione?” uscito nei cinema lo stesso anno. Probabilmente se lo era già chiesto da tempo il grosso pubblico italiano.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta