Regia di Giuliano Carnimeo vedi scheda film
In un quinquennio, fra la fine dei Sessanta e l'inizio dei Settanta, Giuliano Carnimeo confezionò serialmente oltre una dozzina di spaghetti western seguendo uno schema fisso: Gianni Garko o George Hilton come protagonista (qui siamo nella prima opzione) nei panni di un pistolero antieroe dal nome evocativo (Sartana, Alleluja, oppure come qui Spirito Santo), un titolo lunghissimo con puntini di sospensione di ordinanza, una trama risibile basata sui più classici topos del genere (una vendetta personale, un bottino da conquistare), una buona dose di violenza e una di ironia sempre crescente, con il passare degli anni e l'avvicendarsi dei titoli. Altra costante risiede nella firma, quella con lo pseudonimo Anthony Ascott. Uomo avvisato mezzo ammazzato... Parola di Spirito Santo arriva nella fase calante sia per il periodo-spaghetti del regista, che per il genere tutto, ormai sviscerato in ogni modo da centinaia di pellicole uscite nel giro di pochissimi anni. A Gianni Garko qui si affiancano il portoghese Cris Huerta (nei panni di un lottatore), George Rigaud, Pilar Velazquez e troviamo anche, in parti minori, i ben noti volti di Nello Pazzafini e di Salvatore Baccaro. Produce Luciano Martino con partner spagnoli; la sceneggiatura vede infatti le firme di Tito Carpi e di Federico De Urrutia. 2,5/10.
Far west. L'avventuriero dal grilletto facile Spirito Santo, interessato a impadronirsi di una miniera d'oro, decide di assecondare alcuni rivoluzionari messicani.
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