Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
I colori freddi del cielo e del mare, i volti e i corpi di alcuni uomini su una spiaggia, un cane che gira intorno al padrone, il silenzio e il rumore del vento. Nella casa gli uomini parlano, pregano e cantano, una donna li controlla, ricordandogli le regole che devono rispettare. Primi piani e inquadrature frontali, visi che si deformano, sfumature cromatiche, dialoghi come confessioni, ognuno di questi uomini ha dei peccati da espiare, colpe da cui redimersi. La voce ubriaca, la litania oscena di un’anima persa, un vagabondo che ripete le parole di chi ha usato quelle della chiesa per soddisfare i bisogni della propria carne su di lui. Quando era bambino. Quella cantilena risuona nelle anime di chi abita nella casa e dell’ultimo arrivato, un nuovo ospite, poi una pistola in mano e un colpo alla testa.
Le deviazioni morali ed etiche di una religione, quella cattolica, incapace di affrontare i suoi abissi, preti rinchiusi dentro i propri errori, pedofilia, violenza, omosessualità, ognuno con il suo dolore, che lo perseguita e lo tortura, ognuno costretto, dallo sguardo del regista, a confrontarsi direttamente con lo spettatore. Storie oscure, crudelmente inchiodate nella memoria, le croci nascoste, l’attesa di una impossibile liberazione, una sofferenza così acuta, inflitta e costante, che né il tempo, né qualsiasi forma di pentimento riesce ad alleviare.
Un’ultima possibilità di redenzione, nel momento in cui cristo sembra manifestarsi nelle forme e nei deliri di quel vagabondo, viene data a queste persone, accogliere all’interno del loro club colui che hanno ingiuriato e fatto pestare a sangue, solo per non ascoltarne più le parole.
Pablo Larrain mostra un’altra tremenda pagina del suo paese, le sue scelte registiche, essenziali e rigorose, impongono un confronto diretto da cui non è possibile tirarsi indietro, grigie ed inquietanti testimonianze di vite distrutte, dove ogni giustificazione, inventata o reale, finisce per precipitare nel baratro delle coscienze.
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