Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Una casa alla fine del mondo. In un luogo affascinante perduto tra coste selvagge bagnate da un mare grigio ma di grande presa emozionale. Una dimora sulla costa selvaggia che alterna piccole case prefabbricate a prati di erba verdissima e spiagge sabbiose affascinanti. Una comune, che accoglie persone non meglio specificate, che tuttavia piuttosto presto si intuisce cerchino di nascondersi dal mondo: ed in quel posto, lontano da tutto, forse anche dalle tentazioni, ci riescono in effetti piuttosto bene.
Non capiamo subito chi sono, cosa fanno, cosa aspettano, perché si comportano così.
Uno fra gli ospiti ama i cani ed è appassionato di levrieri da corsa: ne alleva uno e lo fa gareggiare con un certo successo.
Poi nella casa, mandata avanti da una donna volenterosa che potrebbe apparire una suora laica, ecco sopraggiungere un quinto uomo. Che si dichiara subito innocente e vittima di un inganno.
Il suo soggiorno è breve perché l'uomo viene trovato morto suicida.
Da Roma giunge un giovane ecclesiastico per indagare, per capire cosa sta succedendo in quel posto; per verificare come si svolge la vita in quella piccola comunità. E decidere se è il caso di chiudere definitivamente quel rifugio di "peccatori un pò santi, un pò blasfemi", ognuno carico delle proprie ossessioni che solo la natura aspra e desolata di quel posto alla fine del mondo civile può cercare di placare e trattenere.
Il sopraggiungere in quella zona costiera di un misterioso personaggio, testimone o millantatore di avvenimenti terribili e morbosi occorsi alla sua persona durante la sua giovinezza a contatto con i prelati dell'orfanotrofio che lo ospitava, non fa che accrescere le ansie e il desiderio di risolvere, in un modo o nell'altro, uno stato di tensione protratto per troppo tempo e a stento tenuto sotto controllo: fino allo sfociare della violenza che si manifesta sotto forma di azioni punitive o vere e proprie esecuzioni, ai danni, come sempre avviene, di esseri innocenti, uomini o cani che siano.
Pablo Larrain - meraviglioso e torbido regista cileno rivelazione con l'amorale "Tony Manero" e con il capolavoro apocalittico "Post Mortem", dopo il suo film più ambizioso, ovvero "No - i giorni dell'arcobaleno", dove la necessità di raccontare la tenace missione del movimento contro Pinochet e la dittatura, impegnato nel tentativo di sconfiggerlo al referendum popolare indetto dallo stesso dittatore - e disposto con tutti i mezzi, anche la pubblicità ingannevole e maldestra, a porre fine a quel terribile periodo di repressione - finiva per tenere inesorabilmente e necessariamente, almeno in parte, da parte quella scabrosità di fondo che negli altri film costituiva l'elemento distintivo e unico di questo ottimo cineasta - ecco che ritorna qui in questo El club, vincitore, tra l'altro, del Gran Premio della Giuria alla Berlinale .
Larrain segue i suoi personaggi dannati e vaganti alle prese con le rispettive ossessioni, con i tentativi di rifuggire e superare le tantazioni ed i piccoli grandi crimini che li hanno dannati e portati a vivere in quel limbo efficacemente rappresentato in una coltre di eterno annuvolamento, meterologico ma non solo, che è il grigiore dell'anima rassegnata e perduta che non riesce nemmeno a pentirsi di ciò che è stato causa della propria dannazione.
Una fotografia livida, consueta nel cinema dell'autore cileno, ma qui più potente ed efficace del solito, fa da sfondo torvo ad un percorso che tenta di compiersi nell calma, coadiuvato dalla apparente tranquillità di un ambiente che non riesce ancora a farsi troppo condizionare dalla civiltà che sta ai margini.
Un percorso di pentimento dove le azioni truci e controverse sono raccontate esplicitamente e senza falsi pudori, come un tentativo di confessione e di espiazione, viste come un lontano ricordo di chi ha almeno provato a liberarsene e a tenersene a distanza. Ma il pentimento non basta per cercare l'assoluzione.
Oltretutto le tentazioni sono in agguato e l'arrivo del quinto ospite è la miccia necessaria e sufficiente a far appiccare un fuoco che per troppo tempo ha covato tra le ceneri di una dannazione senza rimedio.
Gli uomini, i personaggi del cinema di Larrain sono tutti perduti, cattivi, approfittatori e meschini. El club li raccoglie insieme e li conduce in un percorso di autodistruzione attraverso il quale anche il solo narrare gli episodi tragici e terrificanti che li hanno visti meritarsi quel confino, li rende animali feriti e braccati pronti a tutto pur di riuscire a portarsi lontano i ricordi di una dannazione che ancora li pervade e li rende così piccoli, imperfetti, gracili, bisognosi di quel luogo per farsi dimenticare.
Anche in questa occasione il luciferino, inquietante Alfredo Castro non può mancare all'appello e non far parte del gioco...al massacro.
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