Regia di Francesco Mandelli, Fabrizio Biggio, Martino Ferro vedi scheda film
Da Qualunquemente a Italiano medio, passando da I soliti idioti e momenti di Zalone, c’è una vena del cinema italiano recente che potremmo definire nuovo ripugnante: ricerca del disgusto, degrado del discorso al tormentone tv, al grugnito, annullamento di ogni valore a un principio di piacere bassissimo, apoteosi di un narcisismo infantile. Non è difficile leggere nelle parole grevi e insensate dei personaggi la caricatura di una lingua (politica) ridotta a retorica d’occasione, in cui quel che si dice serve solo a persuadere il prossimo, e può esser negato subito dopo. Mi piace/non mi piace, e ritorno. Il linguaggio muore, resta la ricerca del godimento del corpo. Per paradosso in questo La solita commedia - Inferno Biggio & Mandelli mandano Dante Alighieri a mappar verseggiando i nuovi peccati contemporanei. E sono tutti peccati ridicoli e indegni, tra bolge al bar e dipendenze da smartphone, tarati su un trentenne milanese (così che i gironi s’intitolano come certi gruppi cinici e sornioni di Facebook). L’impressione è di un comico funereo, necrosi di una generazione reale, irredimibile: il paradiso è (s)fatto a immagine dell’uomo schifoso, dio muore, Dante è condannato all’inferno presente e l’uomo non è nudo, ma sterile, senza futuro (e senza cacchio). Cinema demente e sgradevole per forza di cose, sciatto e puerile ma inventivo, non accomodante come le commedie da salotto e le fiabe regionali. Più vivo.
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