Regia di Federico Bondi, Clemente Bicocchi vedi scheda film
«Perché la vita dev’essere così complicata?» «Perché la vita fa schifo, a volte». Piccole grandi verità sull’esistenza, l’universo e tutto quanto rimbalzano durante l’ultima gita delle elementari, tra gli alberi di quella che è sempre più difficile immaginare come una foresta incantata. La fine dell’anno incombe e i bambini di quinta, alla Scuola-Città Pestalozzi di Firenze, forse non padroneggiano ancora le parole per dirlo, ma sentono di camminare in un paesaggio in mutazione. «Mio papà mi dice di lasciar stare il futuro, di pensare solo al presente, ma io non ci riesco» confessa Giulia in un tema, mentre attorno la macchina da presa registra i riti, semplici banali allegri, dell’infanzia. Tra i compiti, gli esercizi in palestra, i giochi in cortile, le interrogazioni, i facciamo finta che, le scritte alla lavagna, le prime ipotesi amorose, le crisi passeggere, emerge inaspettata una consapevolezza che troppo spesso associamo al senno di poi: l’arrivo dell’estate è già intriso di nostalgia per un’età fuggevole, per un’utopia comune in dissolvimento. Bondi e Bicocchi proseguono per associazioni, scompaiono dietro i due maestri e dietro la folla di ragazzini, documentando pudicamente e guardando (da lontano, è chiaro) a La classe di Cantet, dalla parte dei sentimenti e delle relazioni. E anche le scelte in potenza stucchevoli (la colonna sonora con Vasco e Morricone) trovano luce inedita nell’ingenuità degli occhi di protagonisti e spettatori.
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