Regia di Francesco Clerici vedi scheda film
Diceva Giacomo Manzù che la scultura è «un gesto delle mani, un gesto d’amore». Francesco Clerici, esordiente nel lungometraggio, tenta di catturare con la macchina da presa non solo il lavorio delle mani, ma anche quell’ineffabile «gesto d’amore» che, proprio come la cera usata per creare le sculture di Velasco Vitali, scorre e si perde, per lasciar posto all’opera finita. Prodotto dalla storica Fonderia Artistica Battaglia di Milano, il film riprende in sequenza tutti i passaggi della realizzazione di una statua in bronzo con la tecnica della “cera persa”, rimasta sostanzialmente immutata nei secoli (è la stessa, per intenderci, con cui sono stati creati i Bronzi di Riace). Una tradizione di artigianato nobile, tramandata tramite apprendistato, custodita dalle mani degli uomini che Clerici riprende all’opera, in piani fissi privi di commento o di apparati, confezionando un rigoroso quanto magnetico film industriale, o “tecnofilm”. Quel genere di prodotto che, nelle parole di Mario Verdone, «non dovrebbe essere, per sua natura, un documentario da presentare soprattutto al grande pubblico, durante una proiezione di trattenimento, perché è strettamente professionale [...] Vi sono tuttavia film [...] che riescono a coniugare la documentazione con lo spettacolo, e talvolta con la poesia visiva». L’opera di Clerici si posiziona in quella felice congiuntura, piegando il cinema, arte giovane, ai ritmi e ai suoni di un’arte millenaria.
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