Regia di Nikias Chryssos vedi scheda film
Ecco la chicca di questa Berlinale che stavo aspettando! Si celava nel film di Nikias Chryssos, un racconto a tinte horror nella misura in cui lo era il nostrano "La solitudine dei numeri primi" ("Horror dei sentimenti", come è stato definito da certa critica). Un film malato e genialissimo, figlio di un surrealismo perverso ed inquietante che raccapriccia nel profondo l'animo dello spettatore, soprattutto grazie ad uno humor nero di rara efficacia.
Un giovane studente deve svolgere un importante lavoro elaborativo su "questioni scientifiche e intellettuali"' e per ottenere il silenzio e la concentrazione necessari prende in affitto la stanza di un bunker sperduto in una landa innevata. Al suo interno vive felicemente reclusa per ragioni sconosciute una famigliola di tre persone molto inquietanti: Un capofamiglia dai metodi antichi e severi, il figlio Klaus con parecchie difficoltà di apprendimento che non ha mai messo il naso fuori dalla porta, e sua madre (la rivelazione Oona von Maydell) con una grossa ferita parlante di nome Heinrich sulla gamba. E i suggerimenti dispensati dalla ferita devono essere seguiti, come ad esempio far sì che l'ospite diventi l'insegnante privato del "piccolo" e grottesco Klaus o che venga allontanato a seconda dei casi. E in generale il sentimento di accettazione passiva dei personaggi alla folle imposizione di non uscire mai dal bunker inquieta ancora di più.
Una tensione palpabile percorre costantemente l'intero film, pervaso di musiche basse che ricordano la composizione musicale di Hans Zimmer in stile Goblin per il recente "Interstellar". Infine il contributo fotografico a tinte rosse e virulente di Matthias Reisser, riesce definitivamente a rendere ogni scena oppressiva, febbricitante e claustrofobica.
Un film assolutamente da non perdere per via della sua originalità e che forte di una produzione straniera potrebbe anche essere molto apprezzato dalla critica nostrana (perché anche noi ogni tanto ci proviamo a fare cose del genere, ma non hanno chance di evitare la stroncatura della critica italiana). Oppure viceversa, potrebbe essere che proprio per le sua origine tedesca (cinematografia poco apprezzata da noi) non veda mai la luce dei proiettori italiani.
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