Regia di Billy Wilder vedi scheda film
La figlia del boss americano della Coca-Cola vola a Berlino ovest, ospite del dirigente locale dell'azienda. Riuscita di nascosto a entrare nella parte est della città, si innamora, sposa e rimane incinta di un giovane comunista. Intanto i genitori sono in arrivo all'aeroporto.
Caotico, ma mai sconnesso, frizzante e sempre a tempo, il film è un piccolo capolavoro della commedia brillante, con accenni di satira sociopolitica forse un po’ stiracchiata, ma in ogni caso garbata e funzionale al lavoro. Forte è in primis la critica al comunismo e, lungi quindi dall’essere equidistante, per lo meno la sceneggiatura firmata dal regista con il sodale I. A. L. Diamond evita di glorificare spudoratamente l'America: le migliori battute al vetriolo sono spese per porre in ridicolo la schematica organizzazione del potere sovietico, ma non mancano frecciatine godibili sulla disoccupazione, sui debiti e sui presunti, millantati successi del capitalismo. Le gag si susseguono inarrestabili per poco meno di due ore, con un crescendo che ha quasi del miracoloso: l’ennesima dimostrazione di quanto Wilder avesse fatto sua la lezione di Lubitsch. Colpisce qui però in modo particolare la freddezza chirurgica con cui viene elaborato in tempo quasi reale un film così strabordante dal punto di vista espressamente politico: nel 1961 si divide Berlino e pochi mesi dopo Uno, due, tre! è già fuori, prendendo peraltro spunto da una commedia teatrale (e purtroppo in effetti di tanto in tanto si nota: nonostante il ritmo altissimo, i personaggi sono pochissimi e i cambi di scena ancor meno) di Ferenc Molnar. Se sdrammatizzare la guerra fredda non è mai stato compito facile, figurarsi quanto deve essere stato complicato farlo in tale momento storico. Nel complesso Wilder azzecca quasi tutto, a partire dal cast che vede in prima linea un James Cagney strepitoso, con comprimari ben assortiti come Pamela Tiffin (la ragazzina svampita), Hanns Lothar (il viscido tuttofare) e Liselotte Pulver (la segretaria sexy); mezzo passo falso invece la scelta di Horst Buchholz, l’attore tedesco dai tratti somatici meno tedeschi sulla faccia della Terra (somiglia a Tom Cruise, per capirci) nei panni del giovane crucco ribelle. 7,5/10.
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