Regia di Walter Veltroni vedi scheda film
Veltroni irrompe nelle camerette dei bambini e li subissa di domande banali sulla vita, la famiglia, il futuro, Dio, l'amicizia e l'amore. I bambini lo assecondano, comprensibilmente perplessi quando non spaventati.
Il punto interrogativo principale, che sovrasta e annulla i milioni scagliati senza posa dal regista/intervistatore nel corso delle quasi due ore de I bambini sanno, è il seguente: ma come diavolo può venire in mente a qualcuno di pubblicare un lavoro simile? Centodieci minuti di domande a raffica a dei poveri bambini innocenti, costretti a recitare pensierini delle elementari a favore di camera, con un retrogusto di buonismo e falsità che esonda dallo schermo. I bambini sanno essere noiosi, viene da pensare: in realtà lo è Veltroni, senza dubbio, e la sua seconda esperienza dietro la macchina da presa (dopo Quando c'era Berlinguer, uscito nel 2014) ne conferma lo status intellettuale di residuato della sinistra democratica che fu, di uomo di cultura (questo indubbiamente) amante però dei luoghi comuni e delle soluzioni semplici e accomodanti. Nonostante gli argomenti in ballo - anche la morte e l'omosessualità, per citarne due complessi per un bambino - non si esce mai dal qualunquismo e dalla frase fatta: il confronto con documentari affini e ormai classici come Comizi d'amore di Pasolini o D'amore si vive di Agosti, è impietoso. 1,5/10.
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