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Ice and the Sky

Regia di Luc Jacquet vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Ice and the Sky

di alan smithee
6 stelle

FESTIVAL DI CANNES 2015 - FILM DI CHIUSURA

Quando un grande documentarista Luc Jacquet incontra un altrettanto grande viaggiatore e scopritore di territori incontaminati, l’occasione risulta inevitabilmente molto allettante e colma di aspettative.

Il regista francese premio Oscar per il miglior documentario con La marcia dei Pinguini (2006), ma noto internazionalmente anche per La volpe e la bambina (2007), ex biologo poi passato dietro la macchina da presa come documentarista appassionato di vita animale e vegetale, è stato ufficialmente accolto a Cannes col massimo dei riguardi, tanto che l’organizzazione del festival gli ha riservato l’onore di chiudere la manifestazione numero 68 dello scorso maggio 2015.

Quando il regista decide di incontrare l’ottantaduenne esploratore Claude Lorius per rivivere l’esperienza della sua spedizione all’interno delle terre ghiacciate ed inesplorate dell’Antartide nel lontano 1957, immagini della ritirata inesorabile dei ghiacci che come una profezia oggi si avvera inesorabilmente nonostante le avvisaglie da parte di scienziati e di ricercatori appassionati come lo stesso Lorius, si alternano alla immacolata splendida essenza del ghiaccio stesso, nel suo avvolgente design che tutto ricopre e cattura garantendo l’eternità alle cose sulle quali va a concentrarsi, e si frammezzano da immagini di repertorio e d’epoca relative alla spedizione e alla sua organizzazione.

Il segreto del mantenimento in vita del pianeta, dello scongiurare di fenomeni atmosferici sempre più incontrollabili, dipende molto e fondamentalmente dal riscaldamento incontrollato del pianeta, che si rende evidente con la ritirata dei ghiacci ed il cambiamento degli equilibri dell’intero globo. Circostanza che da decenni, già dagli anni ’50 in concomitanza con lo sviluppo industriale post conflitto mondiale, veniva urlato con cosciente e realistico allarmismo da studiosi del settore, considerati spesso degli allarmisti iettatori da parte di tutti coloro che anteponevano le sorti del pianeta all’interesse per un guadagno veloce da sfruttamento senza criterio.

Se il miscuglio ordinato e scrupoloso tra materiale d’archivio e vedute antartiche mozzafiato riesce a sortire un effetto piuttosto affascinante nella prima mezz’ora, è anche vero che, forse a causa delle alte aspettative risposte nella pellicola, il didascalismo che ne appare da una visione complessiva smorza di molto i toni e le aspettative entusiastiche che ci si aspettava.

E l’incontro tra il regista della natura incontaminata che riesce a vivere e ad esprimersi davanti alla macchina da presa, e l’anziano esploratore che concepì il suo viaggio eroico proprio alla medesima età attuale del cineasta suo appassionato mentore, doveva riuscire a comunicare tutt’altre emozioni che una tiepida emozione che scaturisce innegabilmente dalle immagini legate al ghiaccio e alla magia incantata ed affascinante delle sue forme e dei suoi colori cangianti.

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