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Umberto D.

Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Umberto D.

di axe
8 stelle

Umberto Domenico Ferrari è un anziano pensionato in condizioni di solitudine e difficoltà economica; benchè abbia qua e là dei conoscenti, il suo unico vero amico è Flaik, un cagnolino che porta sempre con sè. La donna che gli affitta una stanza coglie l'occasione del suo stato di debitore cronico per liberarsene, volendo destinare il locale ad altro uso. L'uomo, pertanto, medita il suicidio, ma non può mettere in atto il suo infausto disegno prima di aver trovato una degna sistemazione per Flaik. Questa la semplice trama di un film considerato capolavoro del genere neorealista. Il regista Vittorio De Sica pone al centro dell'opera il personaggio di Umberto, facendone un'attenta analisi che ce lo tratteggia con notevole spessore tragico. Il protagonista è un uomo come tanti; rispettoso delle istituzioni, modesto, dotato di cultura ed intelligenza, non è riuscito, tuttavia, ad ottenere ciò per cui lo immaginiamo aver lottato durante i decenni trascorsi sul posto di lavoro, come funzionario pubblico, una vecchiaia serena. Egli appare infatti molto solo. Non ha figli, nipoti o altri parenti che lo sostengano; i pochi conoscenti che ha, non possono certo dirsi amici. Sono persone con cui ha contatti superficiali, a volte non per sua scelta. Alcuni, infatti, consapevoli della difficoltà economica di Umberto, tendono ad allontanarsene, per non sentirsi in dovere di aiutarlo. L'unico essere umano con cui ha un buon rapporto è la cameriera della sua padrona di casa, la giovanissima ed ingenua Maria, incinta ma incerta sulla paternità. Il suo vero amico, però, è il cane Flaik, una creatura in grado di amarlo oltre ogni possibile giudizio legato a vicende umane. L'unico vero bene di cui è in possesso Umberto è la sua dignità; sebbene sia costretto a "svenderla" - come fa con i suoi ultimi oggetti di valore, un orologio, dei libri di pregio - egli non riesce a privarsene. Non è in grado, come fanno molti, di chiedere l'elemosina ad un lato della strada. Vessato dalla padrona di casa, donna spregiudicata ed arida, l'uomo - già provato da molti espedienti posti in essere per sopravvivere; il mangiare alla mensa dei poveri, il tentativo di prolungare una permanenza in sanatorio - e pertanto prossimo alla perdita della stanza in cui alloggia da vent'anni, l'anziano è spinto al limite della sopportazione. Inizia a vagare scegliendo di lanciarsi sotto un treno in corsa, ma, proprio all'ultimo momento, si ritrae, preoccupandosi per la sorte dell'animaletto. E' salvato dall'amore di un cane, e per un cane, un essere vivente che per lui ha più valore di ogni umano. In ciò, probabilmente, trova un motivo per rinunziare all'estremo gesto, ed uno stimolo per riconciliarsi con la vita, un bene che ha maggior valore delle convenzioni sociali. Il racconto è ambientato nella Roma dei primi anni '50, della cui società è resa un'immagine non certo pienamente positiva. L'Italia del tardo dopoguerra è una nazione che corre sulla via della modernità; non c'è spazio nella sua organizzazione sociale per chi rimane indietro; ed il motivo per il quale il protagonista non può tenere il passo, è la sua età. Umberto è ormai anziano, ciò che può dare alla società ed alle nuove generazioni è il contributo della sua saggezza, ma ciò non gli è riconosciuto. Tutti i suoi meriti, la sua cultura, la sua personalità elegante - non rinuncia mai, Umberto, alla giacca ed alla cravatta - non hanno alcun valore per la padrona di casa, il bigliettaio del tram, le forze dell'ordine, i portantini del sanatorio. Anzi, in questo luogo è umiliato dallo stesso medico, che gli comunica come operarlo, per rimuovere il rischio di malattie, sia tempo perso e fatica sprecata. I ritmi della città, i suoi abitanti, sempre frettolosi di salire su un mezzo pubblico, sono indifferenti alla sorte dell'uomo, così come a quella dei molti altri personaggi lasciati ai margini (nell'elenco dei quali possiamo inserire anche la servetta Maria, dall'accento dialettale, evidentemente giunta a Roma in cerca di un'improbabile fortuna). E' comprensibile, pertanto, come, nel momento della sua presentazione al pubblico, il film sia potuto risultare poco gradito ad alcuni; il regista ricordava l'esistenza di questi personaggi, per un motivo o per l'altro, esclusi dalla corsa al progresso materiale - certamente, non sempre anche morale - del popolo italiano. Vittorio De Sica segue con piglio quasi documentaristico la vita quotidiana di Umberto. Evidenzia del personaggio, interpretato dallo studioso Carlo Battisti, la pacatezza, la dolcezza, la pazienza, la capacità di sopportazione; ma anche la disperazione, l'essere ormai abituato a dover cercare sotterfugi per vivere, la rassegnazione alle angherie quotidiane; infine, l'estrema dignità con la quale conduce la sua vita dimessa. In quanti, nel passato come oggi, possono riconoscersi nel protagonista ? Gli anziani abituati a vivere con poche centinaia di euro al mese, privi o, peggio, trascurati dai familiari, costretti a nutrirsi di ciò che gli operatori dei mercati non riportano con loro a fine giornata, o considerati sacrificabili nell'ottica di una "razionalizzazione" dell'impegno sanitario. In queste settimane di "emergenza coronavirus", le tematiche trattate da questo film sono quanto mai attuali. Anche solo per esse, quest'opera emblematica e - in rapporto al suo contesto storico, "controcorrente" - meriterebbe la visione.

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