Regia di Jiang Wen vedi scheda film
"Gone with the bullets" è un film enorme, nella misura in cui continuiamo a sorprenderci di vedere produzioni così grosse e sfarzose che non provengono da Hollywood. Chiaramente il mastodontico mercato cinese dovrebbe fare un'eccezione, ma le sensazioni sono sensazioni e sono difficili da controllare. Quindi, con mirabolanti effetti speciali e una regia particolarmente dispendiosa in termini di energie e di risorse economiche, il regista e attore Jiang Wen aiuta lo spettatore occidentale a superare la noia che inevitabilmente scaturisce da un film il cui umorismo infantile oscilla tra lo slapstick e il demenziale. Procedendo con una struttura parodica che ricalca i grandi film Noir americani degli anni quaranta, “Gone with the bullets” corre a 120 all'ora con dialoghi rapidi e graffianti senza far respirare né gli spettatori né i personaggi grazie ad un ottimo lavoro di montaggio e sonorizzazione. Purtroppo questa costosissima ironia è tutta cinese e per tanto mi è rimasta per lo più incomprensibile. Io e la stragrande maggioranza del pubblico cinese presente in sala eravamo tutt'altro che umoristicamente allineati. Quando io ero portato a ridere perché convinto che ci fossero specifici momenti di evidente richiamo della risata attraverso buffe espressioni verbali, facciali o comportamentali evidentemente esagerate, il resto del pubblico rimaneva indifferente, per poi scoppiare a ridere e ad applaudire in momenti apparentemente random in mezzo alle frasi.
Il film inoltre sembra prendere inizialmente una direzione ironizzante della situazione politica internazionale (l'audace protagonista interpretata dalla bella Shu Qi dichiara in mondovisione di voler concedere tutta se stessa in un bordello per 30 giorni per dimostrare la sua dedizione al popolo cinese che istantaneamente la elegge presidentessa della repubblica. Subito arrivano telegrammi dall'Ucraina in cui si dichiara l’interruzione di tutte le guerre...), per poi concentrarsi invece su finora inconfessati sentimenti d'amore ossessivi tra la suddetta e il protagonista maschile... Quindi, per tutte queste contraddizioni interne al film posso dire la mitica frase: "non l'ho capito". E non ho capito bene nemmeno cosa ci faccia alla Berlinale...
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