Regia di Sebastian Schipper vedi scheda film
Durante la visione del film mi è capitato di chiedermi, in vari momenti, che ore fossero. Domanda sbagliata, perché il film dura circa due ore e 15 minuti e, ammettendo che l'azione inizi alle quattro del mattino, è facile fare il calcolo, perché la storia è girata in continuità, con una sola ripresa (o piano sequenza), demandata alle robuste spalle dell'operatore norvegese Sturla Brandth Grøven, che così si è guadagnato il primo posto nei titoli di coda del film. La tecnica è quella di Arca russa di Sokurov, anche se qui l'idea che si fa lo spettatore è più quella di una maggiore improvvisazione.
La trama prevede l'incontro tra la ventenne madrilena Victoria e quattro giovani berlinesi all'uscita di un locale notturno della capitale tedesca. All'inizio, si ha l'impressione dei classici importuni un po' ubriachi che cercano di abbordare la giovane straniera indifesa. In realtà, i ragazzi si guadagnano la fiducia di Victoria con la promessa di farle conoscere la vera Berlino notturna. Per la verità, la città si vede molto poco e i quattro ragazzi conducono la giovane spagnola sul tetto di un palazzo da cui vedono le luci della grande città (dovremmo essere in una delle zone più anonime dell'ex Berlino Ovest). La nottata passa tra le chiacchiere più banali che possono fare dei giovani che comunicano tra di loro in inglese (e qui ci si può chiedere come faccia a gestire una caffetteria una ragazza che stenta a mettere insieme due parole di tedesco), fino ad una svolta narrativa che precipita i fatti sul versante drammatico e dimostra sia che la ragazza ha le palle quadrate sia che il carattere delle donne è generalmente più determinato di quello degli uomini: ed è significativo, infatti, che il film di Schipper sia intitolato alla ragazza anziché ai coprotagonisti maschi.
Victoria non è un capolavoro, ma è un film che funziona, anche e soprattutto per la spontaneità degli interpreti, che riempiono di contenuti e di forme un copione che, si dice, era in partenza molto scarno. L'attrice protagonista, Laia Costa, non è in realtà madrilena, bensì catalana di Barcellona, ma nessuno se n'è accorto.
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