Regia di Dang Di Phan vedi scheda film
Molto molto gradevole questo lungometraggio vietnamita del concorso ufficiale della Berlinale. Il tema è dei più abusati, la repressione degli omosessuali da parte della società ignorante e bigotta. Il regista Dang Di Phan sceglie la via del romanticismo intimista per raccontare la storia del giovane Vu, aspirante fotografo che passa le giornate immerso nella natura indigena di Saigon con i suoi compagni. É una simbologia semplice quanto efficace, il confronto tra il comportamento dei giovani che giocano a petto nudo tra il fango e i canneti, i tuffi e le dormite sulla pagoda dondolante, e l'improvvisa violenza fisica che si scatena contro di loro quando si mostrano così uniti per le strade e i locali della città. A dare un tono così tanto dolce all'intero film contribuisce soprattutto la fotografia molto tenue e raffinata che rende la fisicità massiccia dei corpi allo stesso tempo fragile e virile. E ovviamente non è da meno neanche la regia, che possiede un particolare gusto per l'inquadratura decentrata, di quelle che rispettano la regola dei terzi che si insegnano nelle scuole di cinema (quindi la domanda: questo film è autobiografico? É il regista l'aspirante fotografo che vuole iscriversi alla scuola di cinema?).
In generale il film scorre piacevolmente ma emoziona più per gli aspetti esotici (gli usi e i costumi, le abitudini e il modo di vivere vietnamita secondo natura) che per la specifica storia raccontata.
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