Regia di Karyn Kusama vedi scheda film
Film con una parvenza di fascino, suggerisce ma non svolge un'analisi psicologica individuale in un contesto vuoto e superficiale. Poca suspense, facili deduzioni. Con la sola scusa delle lacrime per una perdita dolorosa, si trascina il pubblico nell'inganno lasciando un messaggio infido
Ambienti borghesi provvisti di ogni confort e lusso non bastano a fare un buon film. Ancor meno in un thriller dove la tensione è lasciata al solo clima di ambiguità che si dovrebbe creare nei rapporti tra i tanti personaggi che hanno davvero poco da spartire tra loro.
Will ha subito una grave perdita quando ancora era sposato con Eden, dopodiché è passato attraverso un vero inferno. A distanza di tempo riceve un invito da Eden, che nel frattempo si è rifatta una vita, nella casa che un tempo lei e Will abitavano, per una serata in compagnia di altri loro amici ormai persi di vista e della nuova compagna di Will, Kira. Un invito curioso e inaspettato, in un luogo dove Will, già scosso per il dramma passato e che ancora vive, vedrà crescere dentro di sé forti sospetti su Eden e sul suo nuovo compagno, David.
--------------- SPOILER -------------- FERMATI SE NON VUOI ROVINARTI LA VISIONE DEL FILM
Alla fine succede quello che già si intuisce nella prima parte del film (almeno per chi conosce "Una cena quasi perfetta" o eventuali altri film sulla stessa falsariga): non potevano essere tutte paranoie quelle di Will , anche perchè in quel caso tutti gli indizi seminati tra le chiacchiere dei protagonisti sarebbero andati a farsi benedire, con il pubblico preso per i fondelli per un'ora e venti minuti.
Quella che si mette in atto è una rapida e folle sequenza di violenza insensata, dove l'aderenza ad una setta è una semplice scusa che i malvagi di turno prendono nel compiere la mattanza: solo per questo particolare The Invitation può definirsi un horror-thriller.
Per il resto è un film che cerca uno stile nell'ambientazione borghese, nella fotografia e nelle inquadrature, ma in fondo non ha nè la durezza dello splatter, nè un'analisi psicologica approfondita, sorretta da recitazione di alto livello che giustifichi uno svolgimento e un finale come questo.
Ma ora i film si fanno tutti così? Sembra un format con location stile Grande Fratello: prendi una casa lussuosa dovi crei nei poveri invitati uno stato di soggezione e condiscendenza verso i presunti amici padroni di casa, autori di un invito strano e inopportuno; mano a mano li fai passare attraverso un lavaggio del cervello perpetrato dai padroni di casa, mascherato da desiderio di vicinanza e condivisione, oltre che da intenti "didattici", con grande attenzione a chi, come Will, prova a mantenere vigile il proprio pensiero e il conseguente sospetto. Ambienti in parte simili, senso di ambiguità e sottomissione verso il padrone si erano già visti in Ex Machina di Garland, lì però il tema era diverso e il film meglio ambientato in un bel contesto naturalistico isolato dal resto della civiltà, e vi si narrava in forma di thriller il rapporto dell'uomo con l'intelligenza artificiale.
Ciò che ha più peso in The Invitation, a livello emozionale più o meno cosciente del pubblico, è racchiuso nel finale: un gay e una donna di colore saranno costretti ad uccidere per necessità e, causa le troppe persone coinvolte e la rapida ed articolata sequenza omicida, si lascia intendere avranno vita dura a dimostrare la propria innocenza.
Dal film trapela così a mio parere un messaggio pericoloso:
dei bianchi "normali", ricchi, nonché generosi padroni di casa, sono giustificati nel compiere qualsiasi nefandezza nei confronti degli altri, persino amici, pur di mandare via il tremendo dolore che hanno dentro di sé; pagheranno con la vita essi stessi (n.b.: ma in fondo nessuno aveva chiesto loro di farlo);
degli onesti cittadini, meglio ancora se gay o di colore, apparentemente docili e inoffensivi, possono all'improvviso diventare i veri carnefici arrivando ad uccidere senza pietà e senza la scusa di dover allontanare un dolore insostenibile ...
...ma più di qualche motivo per ammazzare dei folli ce l'avevano... eccome... non ultimo l'istinto di autoconservazione.
Se i modelli (e pure i condizionamenti subliminali) proposti (ed imposti) da una certa cinematografia, oltre che dalla TV generalista corredata di pubblicità e pseudoinformazione, sono questi, non meravigliamoci poi di quanto sia basso il livello morale della società americana e dei riflessi che questo ha oltreoceano, persino a casa nostra...
il personaggio più credibile: David ( Michiel Huisman )
il personaggio più inquietante: Pruitt ( John Carroll Lynch )
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