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Bridgend

Regia di Jeppe Rønde vedi scheda film

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La recensione su Bridgend

di alan smithee
6 stelle

Sara, figlia in età teen di probabili genitori divorziati, segue il padre poliziotto quando questi viene chiamato a raggiungere una sperduta località montana tra le gelate valli della contea di Bridgend, nel Galles. L’uomo deve indagare su uno scottante sconcertante caso di suicidi a catena, che hanno riguardato e continuano a mietere vittime tra i restanti giovani che vivono nel luogo.

Gli stessi sono stati ritrovati impiccati nel bosco, senza che nessuno dei suicidi abbia lasciato biglietti con motivazioni che li hanno spinti a ricorrere ad un simile gesto estremo.

La polizia brancola nel buio, e diviene testimone sconcertata di ulteriori nuovi episodi, man mano che la giovane Sara inizia a frequentare proprio quei giovani, tra la perplessità del genitore.

Innamoratasi di uno dei ragazzi del gruppo, la giovane cercherà anche lei di comprendere le ragioni del mistero che si annida dietro quelle morti, preoccupata della sorte del ragazzo che ama.

La verità sarà dura a venir fuori, ma i misteri oscuri della rete, che avvicina ognuno indipendentemente dal domicilio di appartenenza e l’esigenza di sferrare una sfida al mondo, che, pur in modo incolpevole, ha relegato quei ragazzi in quel posto isolato e sperduto, giocheranno un ruolo determinante addentro ad un mistero oscuro e perverso.

Bridgend, opera prima del regista danese Jeppe Ronde, si avvale di uno scenario privilegiato che aiuta a creare l’atmosfera appropriata a descrivere i contorni di un mistero impalpabile, ma dagli effetti terrificanti e crudeli.

Boschi tetri e un clima gelido che ci ricordano le basi ammalianti e seducenti di opere notissime come Twin Peaks, horror epocali come l’esordio interessante di Eli Roth, Cabin Fever, o situazioni di follia di gruppo già trattate in diverse occasioni, e da registi di fama come il giapponese Sion Sono.

Ed il thriller - ben interpretato da professionisti collaudati come Steven Waddington nella parte del padre poliziotto, dalla giovanissima Hannah Murray nella parte della protagonista, e il valido Josh O’Connor già apprezzato di recente in God’s Own Country – sa ammaliare nella sua costruzione, nelle seducenti immagini di gruppo, quasi pittoriche per potenza visiva, dei ragazzi nel lago, mentre nuotano e galleggiano a flo d'acqua, quasi in estasi, rapiti da chissà quale stordimento collettivo, od tra i sentieri della fitta vegetazione, impegnati ad evocare i morti, quasi a renderli eroi di un sacrificio per loro necessario, ma non arriva a soddisfarci nella concretezza di spiegazioni che ci sentiremmo di meritare in qualità di spettatori.

La vicenda tuttavia si ispira a fatti realmente accaduti, rimasti a quanto pare senza concrete ed effettive spiegazioni a suffragio di tanti lutti apparentemente immotivati e gratuiti.

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