Regia di Joseph Warren (Giuseppe Vari) vedi scheda film
Spaghetti western che nasce come un prodotto di seconda/terza fascia e che invece si rivela una sorpresa soprattutto per merito di tre punti di forza: la confezione (ottima regia ed eccellenti fotografia e colonna sonora), i dialoghi decadenti tra Eastman e Ghidra, le interpretazioni degli stessi.
Il soggetto non è per nulla originale ed è un punto di incontro tra lo spaghetti western prima maniera (abbiamo il signorotto locale che strappa con la forza le terre ai coloni, dando fuoco a case e uccidendo i refrattari alla proposte di acquisto) e quello più squisitamente italiano sulla scia dei vari Da Uomo a Uomo e I Giorni dell'Ira. Viene infatti riproposta l'idea dell'allievo che supera il maestro dopo una lunga serie di insegnamenti che lo elevano da straccione a un freddo killer. Il merito degli sceneggiatori va allora nel tracciare dei dialoghi decadenti, tristi, dove il pistolero diventa un reietto, un emarginato, divorato da un coflitto interiore che lo relega ai margini della società pur essendo temuto e rispettato da tutti. Sono proprio le parti che vedono insieme Ghidra e Eastman a fare di questo film un vero e proprio cult. Occhio al duello finale dove Ghidra sembra il Lee Van Cleef de Il Buono, il Brutto, Il Cattivo (sono un professionista quando mi pagano vado sempre a fondo), mentre Eastman lo beffa con una soluzione ripresa da Johnny Oro di Corbucci.
Di rilievo anche le verdi e invernali scenografie con tanto di esercitazioni attorniati da un laghetto.
Curato il make up con ferite, ecchimosi e tumefazioni in bella evidenza.
Malinconiche e di spessore le musiche del maestro Pregadio. Da recuperare. Voto: 7.5 (preso singolarmente potrebbe valere anche un 8.5, ma paga sul versante dell'originalità).
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