Regia di Joseph Warren (Giuseppe Vari) vedi scheda film
Comune a tutta la mitologia western, il confronto-scontro o la filiazione-paternità tra un vecchio e un giovane, dove il primo insegna al secondo a sparare e a vivere, è un tema e motivo sempre affascinante. Già affrontato in “La Resa dei Conti”, “I Giorni dell’Ira” e “Gli Fumavano le Colt... lo Chiamavano Camposanto” per quanto riguarda l’addestramento, nel film di Vari troviamo una variante psicologica non male, benchè resa molto grezzamente. Si tratta delle più sovrapposizioni tra i personaggi: il killer Reza che si sovrappone al vecchio padre di Ramón, Ramón stesso che si sovrappone a Reza e viceversa durante la loro convivenza che sa anche un po’ di rapporto omosessuale mancato. Il tutto però confezionato tra un incipit e una chiosa finale molto telefonati. Non so se è voluto o no, ma la parte centrale è sviluppata meglio, con gran bei dialoghi, di quelle iniziali e finali, molto appiccicate alla meno peggio. Sembra quasi che alla base del film ci sia più un soggetto che una sceneggiatura. Invece, ascoltando il bel monologo di Anthony Ghidra su come si spara, su come si vive da killer, ci si rende conto che c’è anche un bel lavoro di testo, firmato tra l’altro da Augusto Caminito, produttore e sceneggiatore conosciuto, che diresse anche, e non con pochi guai, Klaus Kinski in “Nosferatu a Venezia”. É possibile dirigere il genio?
Il citato monologo prevede oltre all’addestramento anche un excursos esistenziale molto sentito, che coinvolge anche un vecchio che suona l’armonica, paradigma del killer Reza. Agli insegnamenti di Gianni Garko, “caricare mentre si estrae, e sparare mentre si punta” si aggiungono quelli di Ghidra: vedere la propria ombra, bagnarsi le labbra e sentire dove tira il vento, contare i passi dell’avversario, la storia sul puma che fiuta gli odori, e farsi la barba, e il muro che ti divide dagli altri, ecc. Magari il tutto è forzato, ma ha un fascino tutto suo. Purtroppo il loro duello che li mette inevitabilmente l’uno di fronte all’altro è parecchio posticcio, e annulla tutta l’atmosfera che si era creata prima.
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