Regia di José Giovanni vedi scheda film
Luciano Emmer diceva che nei titoli di testa di un film c’è già la sua storia. E’ il caso di ULTIMO DOMICILIO SCONOSCIUTO di José Giovanni in cui Lino Ventura entra in scena di spalle sparando contro un ragazzo che stava scappando per le vie di Parigi scandito da stop frame e ritmato dalle musiche di Francois de Roubaix. E ancora, tra i titoli dilatati: una sua irruzione, la consegna della Legion d’Onore (“te la danno per una cosa e ti silurano per la stessa cosa”), si mettono in scena i metodi spicci del commissario Marceau Leonetti/Ventura: il quale non guarda in faccia nessuno per applicare la legge, finché non incappa nel figlio di un potente avvocato ubriaco al volante che lo farà trasferire in un piccolo commissariato di zona. Leonetti in un incidente perse moglie e figlio e ora vive solo con il lavoro come unico compagno di vita. Risolve il caso di un ladro di piccioni cappuccini rendendo felice il proprietario, un bambino. Gli viene affiancata una giovane poliziotta ai primi incarichi di servizio, la rossa Jeanne Dumas (Marlene Jobert), insieme vanno a caccia di maniaci sessuali adescandoli nei cinema. Un superiore di Marceau decide di affidare ad entrambi un caso molto complicato, la ricerca di un cittadino scomparso misteriosamente di nome Martin. La malavita si mette alle calcagna della coppia di investigatori usando la forza soprattutto con il tenace poliziotto. La chiave di volta per rintracciare Martin sarà la piccola figlia malata “non era una bambina né una donna, era una fiaba…”. Martin testimonierà in un processo contro alcuni nomi grossi della malavita francese…
Giovanni, dopo essersi soffermato sulle indagini meticolose della giovane e piena di speranze Dumas contrapposta o controbilanciata all’esperienza e disillusione di Leonetti, sferza un duro attacco alla polizia colpevole di aver lasciato solo il testimone Martin, una volta sfruttato il suo ruolo. Nel ritratto candido della bambina c’è tutta la delicatezza e poesia del Giovanni scrittore, nella violenza dei brutti ceffi alla Greg (un mostruoso Michel Costantin), nella solitudine del grande Ventura c’è l’altra anima del regista francocorso. La frase finale di Eminescu “…la vita, è un bene perduto se non è vissuta come avresti voluto” racchiude la vicenda narrata, il finale amaro, le vite di alcuni personaggi, la malinconia di fondo.
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