Regia di Lucas Pavetto vedi scheda film
“Alcolista”, mai un titolo di un film è stato tanto esplicito. Daniel è ossessionato dall'odio verso il suo vicino di casa; lo odia a tal punto da volerlo uccidere con un colpo di pistola. Ogni volta però che sembra ad un passo dal compiere l'omicidio non ci riesce. Daniel è un alcolista, un bevitore incallito, ha visioni, tremori, perdite di coscienze. La sua è una condizione senza molte speranze, e questa sua assenza di lucidità non gli permette di compiere l'unico vero atto per il quale gli interessa vivere: uccidere il suo vicino di casa. Basterebbero queste poche righe per riassumere quello che potrebbe essere uno dei tanti thriller che girano in questi giorni nelle sale cinematografiche o sugli schermi televisivi. “Alcolista” ha però un valore aggiunto rispetto ad altri film di questo genere, in cui lo stato di dipendenza è solo un elemento caratteristico per delineare un personaggio della storia, nel film di Lucas Pavetto il disagio è il vero protagonista, tutto il resto è un pretesto per raccontare ciò che una simile tragedia può causare in una persona. Daniel è ossessionato dal suo vicino di casa -è vero- ma solo dopo la prima metà del film veniamo a conoscenza del motivo di tale ossessione, ed è di marginale importanza. L'attenzione dello spettatore è rivolta soprattutto sul perché Daniel non riesce a compiere l'omicidio. Gli sforzi di Daniel per trovare la concentrazione necessaria per mettere a punto il suo piano non sono mai sufficienti. I demoni che per molto tempo si erano confinati nella sua mente, riescono ad uscire e diventano mostruose visioni che si mescolano con una realtà che può essere ancora più mostruosa -se possibile-. Il vicino di casa, il padre di Daniel, i servizi sociali sono i componenti reali della storia ma che ostacolano in ogni modo una possibile guarigione di Daniel, che non riesce mai a trovare la forza necessaria per smettere di bere, anche quando è ad un passo dal riuscirci. Quando nella vita di Daniel appare Claire, una anomala assistente sociale, sembra che le cose possano cambiare per l'alcolista perso, ma anche in questo caso la storia non prende la via di una riabilitazione scontata. Claire è l'ennesimo demone che Daniel è costretto ad affrontare, forse il più terribile perché più subdolo e meschino, al quale è veramente difficile sottrarsi. “Alcolista” è un film disperato, come solo quelli di Lucio Fulci potevano essere. Un thriller solo in apparenza, che utilizza una trama a tratti a tinte horror, ma solo per raccontare il dramma di chi è preso tra le spire dell'alcool. C'è una frase nel film che mi ha colpito molto, detta dal responsabile del gruppo di ascolto degli alcolisti anonimi: “chi è alcolista supera una linea dalla quale non si può più tornare indietro”. Daniel alla sua maniera cerca di andare avanti cercando di uccidere chi ha causato tutto il suo male, ma sarà davvero questa la strada da percorrere? O sarà solo una scusa per continuare a trovare una giustificazione per bere? Lucas Pavetto torna dopo 2 anni dal suo primo film “The perfect husband”-2014-, con un film più intimo e sincero, abbandonando solo in parte lo stile narrativo horror, per concentrarsi più su quello autoriale . Un film indipendente e forse per questo con ha una maggiore libertà nel gestire una storia in maniera più articolata, permettendosi di dilatare alcune situazioni per entrare in profondità nella psicologia del protagonista. Un protagonista di tutto rispetto: Bret Roberts; dopo essere stato il Perfect Husband nel primo film di Pavetto, è l'Alcolista nel suo secondo lavoro. Sempre in scena, sempre concentrato, mai sulle righe, riesce a contenere un personaggio che altri avrebbero fatto straripare in un fiume di smorfie e di atteggiamenti stereotipati. Roberts è contenuto e comunque delirante nel suo profondo malessere, con un physique du rôle adatto per la parte non stanca mai la visione, non risulta mai pesante, è davvero meritevole. Al suo fianco ritroviamo ancora la bella e brava Gabriella Wright, già moglie in “The perfect husband”, qui è la inquietante assistente sociale Claire. Da sottolineare la presenza di Bill Moseley, un nome cult per gli appassionati (come me) del cinema horror. Moseley è l'odiatissimo vicino di casa, che a dire la verità è veramente odioso e fastidioso. Quasi un cameo quello di Moseley nel film di Pavetto, a firmare un percorso in un genere cinematografico ben delineato. Avevo già “incontrato” Pavetto con il suo “The perfect husband” e ne avevo avuto una buona impressione, confermata qui da “Alcolista”, mi fa ben sperare e continuare nella mia convinzione di seguire il cinema indipendente, che in questo caso solo in parte è italiano. I “cervelli” in fuga non esistono solamente nelle università o nelle multinazionali, ma anche nel cinema nostrano che troppo spesso trova le porta chiuse e blindate di fronte a progetti dignitosi e meritevoli, come questo di Lucas Pavetto.
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